Tra i Santi celebrati il 22 giugno, la Chiesa cattolica ricorda San Tommaso Moro, conosciuto principalmente per il suo importante ruolo di umanista, scrittore e politico nella storia del 1400-1500. Il suo vero nome era Thomas More, poi italianizzato diventando Tommaso Moro. Nasce a Londra il 7 febbraio del 1478 da Sir Giovanni Moro, avvocato e giudice di successo, e nel 1520 entra a far parte della corte di Enrico VIII, il quale lo nomina cavaliere. Seguendo la scia del padre, Tommaso intraprende la carriera forense, passando attraverso la tappa obbligata dell’umanista. Particolarmente interessante, nell’ambito del suo impegno letterario, è l’amicizia che lo lega ad Erasmo da Rotterdam. Quest’ultimo, infatti, dedica a Moro il suo Elogio della follia. Successivamente, quando Tommaso si impegna nella difesa dell’ortodossia religiosa cattolica, il rapporto tra i due si fa teso. Diventato consigliere e segretario di Enrico VIII, prosegue il suo impegno a favore della Chiesa, contribuendo alla stesura de “La difesa dei sette sacramenti”. Si trattava di una polemica contro Lutero e il protestantesimo attraverso l’esaltazione del Papato. Queste azioni gli fanno guadagnare il titolo di Difensore della fede, ricevuto, nel 1521, da Papa Leone X. Nel 1529 Moro diventa cancelliere al posto del cardinale Thomas Wolsey, che, non riuscendo ad ottenere il divorzio voluto da Enrico, si dimette. Avendo ricevuto ottimi insegnamenti di diritto canonico, oltre ad essere cattolico per devozione, Moro decide di non concedere l’annullamento del matrimonio, in quanto si trattava di una decisione che spettava al Papa, allora Clemente VII, apertamente contrario al divorzio. Di fronte a questo rifiuto, Enrico si mette a capo della Chiesa d’Inghilterra, obbligando il clero a riconoscerlo come possessore del potere temporale e spirituale. Moro, il 16 maggio 1532, si dimette da cancelliere per non servire il nuovo regime antipapale. Nel 1534 viene approvato, dal Parlamento di Westminster, l’Atto di succesione, che prevedeva un giuramento utile a riconoscere la legittimità dei figli di Enrico e Anna Bolena e si richiedeva di prestare questo giuramento a chi ricopriva incarichi pubblici e a tutti coloro che erano sospettati di non appoggiare il re. Moro rifiuta di prestare il giuramento e nel 1535 viene imprigionato nella Torre di Londra. Di fronte al suo silenzio interpretato come un rifiuto di abiura, Tommaso Moro, che durante la prigionia prosegue la sua opera di umanista continuando a scrivere, viene processato e, il 6 luglio 1535, giustiziato a Tower Hill. La sua testa rimane in mostra sul London Bridge per un mese. Sarà sua figlia Margaret Roper, in seguito al pagamento di una cauzione, a rimuoverla. Oltre al suo fervido impegno in difesa della Chiesa Cattolica, Tommaso Moro si ricorda per aver coniato la parola “utopia”, descrivendo un’isola immaginaria caratterizzata di una società ideale che costituisce il tema fondamentale della sua opera più famosa, “L’Utopia”, del 1516. Nel 1935 Papa Pio XI lo proclama santo della Chiesa Cattolica, ma dal 1980 è commemorato, nell’anniversario della sua morte, il 6 luglio, anche tra i santi della chiesa anglicana. Assieme a lui gli anglicani, come i cattolici, ricordano la memoria dell’amico John Fisher, vescovo di Rochester, che ha subito la stessa sorte di Moro quindici giorni prima di lui. Nel 2000 Papa Giovanni Paolo II nomina Tommaso Moro santo protettore degli statisti, degli avvocati e dei politici.



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