Mentre si continua a indagare su Massimo Bossetti, presunto killer di Yara Gambirasio sottoposto a stato di fermo, il quale si dichiara del tutto innocente, oggi Maura Gambirasio, mamma della ragazzina uccisa quasi quattro anni fa, era a Pesaro. Ha infatti consegnato il premio del trofeo intitolato a sua figlia vinto dalla Società Ritmica Rho, in una gara di combinato collettivo senza attrezzi. Yara come si sa faceva anche lei ginnastica e proprio all’uscita della palestra che frequentava venne rapita la sera del 26 novembre 2010. Non ha naturalmente rilasciato alcuna dichiarazione ai molti giornalisti presenti, come nel suo stile riservato. Il trofeo Yara Gambirasio è stato istituito nel 2011.
L’avvocato difensore di Massimo Bossetti, dopo aver avuto oggi un incontro con il suo assistito, ha rilasciato alcune dichiarazioni, dicendo di essere stato convinto da lui della sua innocenza. Claudio Salvagni ha detto che Bossetti è determinato a dimostrare la propria innocenza.
Tentativi di ottenere informazioni e dichiarazioni dai figli di Massimo Bossetti. Per questo motivo, fanno sapere i legali della famiglia, nessuno di loro rilascerà più alcuna dichiarazione pubblica. E’ quanto si legge in una nota rilasciata stamane dove si parla “di tentativo di acquisizione di informazione da minori”. Tali minori evidentemente non posso che essere i figli o altri appartenenti alla famiglia Bossetti. Oggi alcune dichiarazioni della moglie dell’uomo sono state rese note e dunque saranno anche le ultime: “La Famiglia Bossetti, comprensibilmente provata per i recenti accadimenti, desidera comunicare che, per evidenti ragioni, anche a tutela dei minori coinvolti, nessuna intervista, dichiarazione o comunicazione di sorta sarà, da oggi, rilasciata a qualsiasi titolo ed a qualsivoglia organo di informazione”, è il testo del comunicato.
Interrogata a lungo anche Marita Comi, moglie del presunto killer di Yara Gambirasio. La donna, che non è stata in grado di fornire un alibi al marito in quanto aveva dichiarato inizialmente di non ricordare se Massimo Bossetti la sera del 26 novembre 2010 fosse tornato o no a casa per cena, è stata sottoposta a un interrogatorio serrato di circa tre ore. IL contenuto è ovviamente secretato, ma la donna ha rilasciato altre dichiarazioni in cui difende il marito, dicendo che non è un assassino e che quella sera del 26 novembre può essere benissimo tornato a casa più tardi perché lo faceva spesso, per via del suo lavoro: “Che non lo ricordi non significa niente. Massimo faceva sempre le stesse cose, ma se tardava non ci facevo caso, perché se aveva dei lavoretti extra rincasava anche alle 9 di sera”. Bossetti intanto in carcere ha ricevuto pesanti minacce. Secondo indiscrezioni si sarebbe confidato con il cappellano dicendogli di aver ricevuto minacce di morte da altri detenuti.
Dopo aver effettuato i dovuti rilievi nell’abitazione di Massimo Giuseppe Bossetti, arrestato per l’omicidio di Yara Gambirasio e in carcere da circa una settimana, il Ris di Parma concentrerà a breve le indagini sulle vetture recentemente sequestrate al muratore quarantaquattrenne. I militari analizzeranno dunque eventuali tracce presenti nell’autocarro e nell’automobile di Bossetti, luoghi difficilmente modificabili rispetto ad altri oggetti come computer o strumenti da lavoro. E’ l’Ansa a far sapere che prima dell’inizio delle operazioni verrà avvertito il difensore di Bossetti affinchè possa nominare dei propri consulenti.
Intervistato da Famiglia Cristiana, il sacerdote che segue la parrocchia abitualmente frequentata dalla famiglia di Massimo Bossetti, ha parlato del caso in questione. “Se è nel peccato auspico che si apra al pentimento, se invece è un perseguitato, spero che sia paziente” ha detto don Claudio Dolcini, aggiungendo che in entrambi i casi deve sapere che Dio gli è vicino. Il sacerdote, che conosce molto bene tutta la famiglia del presunto killer di Yara Gambirasio, in questi giorni drammatici è andato a trovarli: dice che le loro condizioni sono uguali a quelle di chi riemerge da un incidente violentissimo e scopra di essere ancora vivo. E’ una famiglia normale, dice ancora. Vedeva i figli puntuali alle clebrazioni liturgiche, i genitori un po’ meno. “Ora ho il compito di sorreggere questa comunità. C’è grande sofferenza perché abbiamo scoperto che l’accusato è uno di noi e perché ad un tratto tutti ci siamo riscoperti fragili” conclude.
Secondo Tgcom24, è ben chiaro ora il motivo per cui le forze dell’ordine hanno arrestato con così tanta sicurezza Massimo Giuseppe Bossetti: infatti,la madre Ester sapeva che il colpevole era proprio il figlio e aveva anche capito che il Dna del Bossetti/Guerinoni corrispondeva perfettamente a quello di “Ignoto 1”. Gli inquirenti hanno innanzitutto stanato Ester Arzuffi confermando di essere venuti a sapere che il presunto omicida fosse in realtà il figlio nato dalla relazione intercorsa tra lei e Guerinoni nel ’69. Dopo la telefonata in cui la madre di Bossetti parla a proposito di un “segreto che rischia di venir fuori da un momento all’altro”, tutte le telefonate sono state messe sotto sorveglianza continua. Sotto pressione, è bastata una comunicazione con il figlio Massimo per far capire agli inquirenti quale dei due fratelli fosse il colpevole. Infatti, il dna incastrava un uomo tra i 40 e i 45, ed entrambi i fratelli erano sospettabili, avendo 39 e 44 anni rispettivamente. Grazie alla telefonata della donna, si è puntato subito su Massimo e il magistrato ne ha chiesta la custodia cautelare. Sempre Tgcom24 riporta oggi, lunedì 23 giugno, la foto di un altare allestito proprio dove è stato trovato il corpo della tredicenne, a Chignolo d’Isola.
Un altare per ricordare la piccola #Yara proprio dove è stato ritrovato il suo corpo. VIDEO >http://t.co/IFvLI6kZUlpic.twitter.com/4QFz3cd8Ah
— Tgcom24 (@MediasetTgcom24) 23 Giugno 2014
Il procuratore di Bergamo Francesco Dettori, nelle parole rilasciate per il programma “24 Mattino”, trasmesso su Radio 24, smentisce un possibile errore di laboratorio presumibilmente avvenuto due anni fa. Infatti, gli è stato chiesto se il campione di dna prelevato da Ester Arzuffi (madre di Massimo Giuseppe Bossetti), fosse stato confrontato con il dna della madre di Yara e non con quello di “Ignoto 1” che, ricordiamo, deriva dai liquidi rinvenuti sugli slip e sui leggina della tredicenne scomparsa a Brembate di sopra. “Questo non lo conosco, non mi risulta” sono le sue parole esatte e, in questo modo, il procuratore mette fine alle domande di Alessandro Milan, conduttore del programma radiofonico che lo vedeva ospite.
Dopo le dichiarazioni del capo dell’accusa, l’avvocato Ruggeri, a proposito della possibilità di un giudizio immediato nei confronti di Massimo Giuseppe Bossetti, sulla stessa linea si esprime anche il procuratore di Bergamo, Francesco Dettori, ai microfoni di Radio 24, ospite del programma “24 Mattino”. La giustificazioni più solide che propone come supporto per questo passo sulla via della giustizia sono le inattaccabili prove del dna. “La nostra certezza processuale è basata su prove scientifiche”, afferma, e in effetti presenta una base “quasi praticamente priva di errore” da cui partire per evidenziare quello che definisce “un buon funzionamento della macchina della giustizia”. Dunque, l’accusato Massimo Bossetti ha tutto il diritto di proclamarsi innocente, come sta ripetendo con insistenza dal carcere, ma in ogni caso le prove ci sono, sono prove scientifiche e sufficienti per un eventuale confronto richiesto in aula. “La decisione di richiederlo spetta al pm Ruggeri, ma ritengo di sì, che si possa fare il giudizio immediato” sono state le parole di Dettori. Ha aggiunto, inoltre: “Allora, crediamo o non crediamo alla scienza?”
Il procuratore della città di Bergamo, Francesco Dettori, si pronuncia, come ospite del programma “24 Mattino”, in onda su Radio 24, a proposito dei costi dell’inchiesta condotta per far luce sul rapimento, sulla violenza e infine sull’omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa nel 2010. Già aveva definito tutti i commenti a riguardo dei costi assolutamente “aridi” e “stupidi”, e di certo in questa sede ha ribadito il concetto. Si definisce letteralmente “allibito” per queste polemiche assurde, infatti afferma anche che, quando c’è di mezzo la vita, bene supremo, non bisogna badare a spese. “Non sono stati soldi sprecati”, conclude, “Anzi, in questo caso, credo proprio siano stati ben spesi”
Emergono importanti novità dalle indagini sul caso di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate Sopra (Bergamo) uccisa nel 2010 e per il cui omicidio è stato fermato Massimo Giuseppe Bossetti. Gli esperti hanno confermato che il Dna ritrovato sugli slip e sugli indumenti della giovane vittima potrebbe essere sufficiente per effettuare la ripetizione del test, già eseguito nel febbraio 2011 e il cui risultato era stato attribuito a “Ignoto 1”. Questo era stato precedentemente dichiarato non sufficiente per ripetere un ulteriore esame del Dna, nel caso in cui, in sede di processo, se ne richiedesse un confronto con quello dell’imputato. Inoltre, l’avvocato della difesa, Silvia Gazzetti, ha tempo fino al 30 giugno per fare ricorso e richiedere al Tribunale del Riesame la scarcerazione di Bossetti. L’uomo ha già dichiarato di essere “completamente estraneo ai fatti”, ma l’avvocato sta comunque considerando la possibilità di rivolgersi al giudizio di un collegio: per la difesa, infatti, un’eventuale conferma di ordinanza di custodia cautelare (scattata, ricordiamo, mercoledì scorso ad opera del gip Ezia Maccora) sarebbe davvero un colpo pesante da dover gestire. Dall’altro lato, l’accusa, capeggiata da Letizia Ruggieri, ha dichiarato di non aver escluso la possibilità di procedere con il rito immediato, avendo in mano delle prove che considera “evidenti”. Le indagini, in ogni caso, continuano: si stanno già scandagliando tutte le informazioni all’interno dei 5 computer sequestrati in casa Bossetti e riesaminando i filmati delle telecamere di sicurezza, specialmente quelli di Brembate di sopra (dove Yara è stat vista per l’ultima volta), quelli di Chignolo d’Isola (dove è stata abbandonata) e quelli di Mapello (dove abita l’indiziato).
Massimo Giuseppe Bossetti, dal carcere di Bergamo, ha dichiarato che hanno “preso l’uomo sbagliato” e lui “vuole solo ritornare dai suoi figli”. Dopo la risoluzione del malore che l’ha colpito ieri, domenica 22 giugno 2014, a cui subito sono seguiti i dovuti accertamenti -sembra si sia trattato di una lieve tachicardia, probabilmente dovuta allo stress- e le relative prima cure, l’indagato per l’omicidio di Yara Gambirasio dichiara di voler tornare a casa, dalla sua famiglia: in carcere parla poco, e le sue parole non si spostano mai molto da “sono estraneo a questi fatti”, “sono la persona sbagliata”, tiene in ordine la cella, non ha urlato né preteso nulla quando si è accorto che la doccia all’interno della cella stessa era rotta, saluta sempre e sorride a tutti, continuando a sostenere con fermezza la sua innocenza. Sembra che abbia anche trovato una routine all’interno del carcere, che include orari fissi, pasti e qualche esercizio fisico: ciò è in accordo con la descrizione che hanno fatto di lui, ovvero quella di un uomo abitudinario, casa e parrocchia, con nessun passatempo, scarse le uscite anche solo per una pizza, certamente nessun mistero.