Un altro centro estetico smentisce la versione fornita agli inquirenti da Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio. L’uomo ha sempre dichiarato di aver smesso di farsi le lampade, ma già nei giorni scorsi era stato il titolare dell’Oltremare di Brembate Sopra, centro estetico che all’epoca si trovava a pochi metri dall’abitazione della famiglia Gambirasio, a far sapere che Bossetti era praticamente un cliente abituale. Adesso, come riportato dal Corriere della Sera, sono i dipendenti di un centro abbronzatura alla periferia di Bergamo a dire che il muratore di Mapello era un assiduo frequentatore: “Quando abbiamo visto le sue fotografie siamo tutti rimasti di sasso — racconta un’estetista del centro estetico La Playa – Siamo su una strada di grande traffico e da noi passa sempre un sacco di gente. Molti ce li dimentichiamo. Ma non lui. Era un cliente assiduo. Passava anche tre volte alla settimana. Si presentava sempre solo e anche se di solito indossava abiti da lavoro, aveva sempre un aspetto pulito e ordinato. I suoi orari erano sempre gli stessi. O in pausa pranzo o la sera verso le 18. L’ultima volta lo abbiamo visto la sera di venerdì 13 giugno, tre giorni prima dell’arresto”. I dipendenti del centro estetico tentano anche di ricordare i suoi comportamenti: “Stava molto sulle sue – si legge su Corriere.it che ha riportato la notizia – entrava, veniva alla cassa e chiedeva quasi sempre la stessa cosa. O dieci minuti nel lettino ad alta pressione, un trattamento per l’abbronzatura integrale. Oppure cinque minuti di lampada per il viso. Si chiudeva nella cabina, quando aveva finito si rivestiva e usciva. L’unica particolarità è che a differenza di altri clienti che pagano prima, lui pagava sempre dopo. Sempre poca roba. Al massimo erano sedute da dieci euro”.
“Domani mattina saremo in tribunale a Bergamo e valuteremo all’ultimo minuto se depositare una istanza di scarcerazione”. Lo ha detto Claudio Salvagni, legale di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio. “Abbiamo discreti argomenti per chiedere la scarcerazione, ma solo le ultime ore saranno decisive per le nostre valutazioni”, ha aggiunto l’avvocato che invece nelle scorse ore aveva fatto sapere che domani avrebbe sicuramente depositato un’istanza al Tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione del suo assistito. “Noi ci stiamo lavorando ovviamente, stiamo scrivendo l’istanza – ha spiegato ancora Salvagni – ma dovremo valutare anche consultando il lavoro dei nostri periti che per forza di cose è stato fatto anche velocemente”. Di fronte a consulenze così complesse, infatti, “con una scelta affrettata potremmo anche rischiare di compromettere la strategia difensiva”.
Sono iniziate da parte degli inquirenti le analisi su due computer sequestrati a Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio. Secondo quanto riportato oggi da diverse agenzie di stampa, sembra che l’uomo seguisse con attenzione gli sviluppi del caso: tra la cronologia dei siti internet visitati, infatti, vi sarebbero articoli sulla tredicenne di Brembate Sopra provenienti per lo più da portali di informazione. Già nei giorni scorsi, durante gli interrogatori, Bossetti ha ammesso di essere “molto appassionato ai casi di cronaca nera” e di leggerli sul computer. Mentre “come giornale leggo L’Eco di Bergamo, mia suocera è abbonata”, aveva aggiunto il muratore di Mapello.
Emergono nuovi dettagli nell’inchiesta sull’omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate Sopra uccisa il 26 novembre 2010. Proprio quel giorno, secondo un video documento trasmesso di recente dalla Rai, nei pressi dell’abitazione della famiglia Gambirasio è stato avvistato un furgone che potrebbe appartenere a Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello attualmente in carcere con l’accusa di aver ucciso la ragazza. Le immagini sono state riprese da alcune telecamere di sorveglianza e mostrano il veicolo passare vicino alla casa di Yara poco dopo le 18 del giorno in cui è avvenuta la tragedia.
In attesa di capire se vi sia corrispondenza di profili genetici tra le tracce repertate sui vestiti di Yara Gambirasio e i peli e i capelli trovati sopra e intorno al suo corpo, notizia prima confermata e poi rapidamente smentita, le indagini proseguono. In queste ore gli inquirenti si stanno concentrando sui luoghi vicini all’abitazione della famiglia Gambirasio dove Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino della tredicenne di Brembate Sopra, sarebbe stato visto più volte. L’uomo, ad esempio, ha sempre sostenuto di non essere quasi mai andato presso il centro estetico “Oltreoceano” che all’epoca si trovava a pochi metri dalla casa di Yara, mentre il titolare del negozio ha fatto sapere che Bossetti era un cliente abituale e che “almeno due volte alla settimana” si presentava per un bagno solare completo. Inoltre, secondo quanto riportato oggi da diverse agenzie di stampa, il muratore sarebbe stato visto più volte di sera nel quartiere anche dall’edicolante e dal benzinaio. Queste scoperte potrebbero dunque avvalorare l’ipotesi che Yara conoscesse Bossetti e che, quella sera del 26 novembre 2010, salì volontariamente sul suo furgone.
Claudio Salvagni, uno dei due legali di Massimo Giuseppe Bossetti, l’assassino di Yara Gambirasio, ha annunciato che lunedì 30 giugno depositeranno un’istanza di scarcerazione al Tribunale. Gli avvocati hanno incontrato il loro assistito e raccontano come lo abbiamo trovato “provato, ma convinto della sua innocenza”.
Le analisi dell’equipe di genetica forense dell’Università di Pavia sul materiale organico, come peli e capelli, trovato sul cadavere di Yara Gambirasio “sono ancora in corso e, conclusi gli accertamenti, depositeremo una relazione”. A dirlo è il professor Carlo Previderè, ricercatore responsabile del laboratorio dell’ateneo, che ha poi aggiunto come degli accertamenti se ne stia occupando personalmente insieme a una collega e come invece il professor Buzzi non abbia avuto alcun incarico in questo senso”. Fabio Buzzi, responsabile dell’unità operativa di medicina legale e scienze forensi del dipartimento di sanità pubblica dell’Università di Pavia, aveva parlato ieri a Segreti e Delitti su Canale 5 sostenendo l’esistenza di una corrispondenza tra il Dna rintracciato nei peli ritrovati sul cadavere con quello del cosiddetto “Ignoto “ ossia, secondo gli investigatori, Massimo Giuseppe Bossetti, in carcere dal 16 giugno scorso accusato dell’omicidio di Yara.
Dopo gli ultimi eventi, che hanno visto progressi significativi nel caso dell’omicidio della piccola Yara Gambirasio, Segreti e Delitti ha dedicato particolare attenzione alle novità riguardanti il delitto. Il programma, condotto da Gianluigi Nuzzi e Alessandra Viero, ha mandato in onda un’intervista fatta al Prof. Fabio Buzzi, direttore del Dipartimento di Medicina Legale dell’Università di Pavia e presidente delle Associazioni Medico-Legali Italiane (FAMLI). L’intervista, condotta dal giornalista Giorgio Sturlese Tosi, ha suscitato parecchio interesse, soprattutto in relazione ad una successiva smentita del professor Buzzi su quanto affermato. Secondo quanto emerso dal colloquio di Sturlese Tosi con il medico legale, i peli e i capelli repertati sul corpo della vittima corrisponderebbero perfettamente al DNA di ignoto 1, che, a sua volta, è riscontrabile con il profilo dell’attuale indiziato Massimo Giuseppe Bossetti. Il professor Buzzi ha dichiarato che le formazioni pilifere, repertate dai RIS e consegnate ai suoi genetisti dalla Procura, sono state analizzate e confrontate con il DNA del presunto assassino. Alla domanda di Sturlese Tosi, che ha chiesto al professore se ricordasse quando è stata riscontrata la corrispondenza del DNA, l’esperto genetista ha risposto senza esitazioni. Buzzi ricorda di aver ricevuto dai carabinieri il tampone salivare prelevato a Bossetti intorno alle nove di sera, e di aver esaminato le tracce fino alle tre di notte, ora in cui afferma di aver riscontrato l’analogia genetica tra le tracce salivari del Bossetti e il DNA rilevato sul corpo della piccola Yara. Inoltre, Buzzi conferma la corrispondenza dei reperti piliferi, trovati sugli indumenti della vittima, e il DNA dell’indagato. Il professore sostiene che tutto ciò contribuisce ad incrementare le possibilità di identificazione dell’assassino, in quanto aver trovato tracce di materiale biologico sul corpo di Yara e formazioni pilifere sugli indumenti che corrispondono al DNA fornito dalla procura, non fanno che dare maggiore forza ai due riscontri. Giorgio Sturlese Tosi ha incalzato il Prof. Buzzi, chiedendo conferma della presenza dei peli e dei capelli di ignoto 1 sul corpo di Yara. A questa domanda l’esperto ha risposto affermativamente, sostenendo che i risultati rafforzano l’altra indagine condotta sulle cosiddette macchie. In seguito alla smentita da parte del professore su quanto affermato durante l’intervista, il giornalista Giangavino Sulas si è dimostrato perplesso, sostenendo che Buzzi è stato molto chiaro nel fornire una prova decisiva per il proseguimento delle indagini. Prontamente, è intervenuto lo psichiatra e criminologo Massimo Picozzi, il quale ha fatto presente che, probabilmente, la smentita di Buzzi sia dovuta al fatto che la Procura non ha ancora ufficializzato i referti.
Massimo Maggioni era socio di Osvaldo Mazzoleni, cognato di Massimo Bossetti, il muratore in carcere accusato di essere l’autore dell’omicidio della piccola Yara Gambirasio, e in qualche modo collega di Massimo Giuseppe Bossetti nei lavori del cantiere per le abitazioni a Palazzago, aperto a fine 2009: “Me lo ricordo, Massimo. Veniva lì in proprio, a tirar su i muri. Quello è il suo mestiere. Uno che sapeva sgobbare e che ha sempre fatto quello nella vita”. Il killer, racconta sempre Maggioni al Corriere della Sera, avrà certamente incontrato – dopo l’omocidio – il padre di Yara, gemoetra edile: “Ci sono stati incontri, da quel che ricordo, sia prima che dopo la scomparsa della ragazza. Anzi, sicuramente. Gambirasio era passato a fare le sue misurazioni anche da noi. Credo prima che gli capitasse quella tragedia — prosegue Maggioni —. Poi era ritornato altre volte, più avanti: a volte c’è da lavorare sulle finiture. E Massimo Bossetti era sempre lì. Mi ricordo che quando Gambirasio arrivava io ero a disagio, cioè mi piangeva il cuore per lui, ero un po’ scosso. Ma mi viene anche in mente che Bossetti non batteva ciglio. Non una parola, mai un segnale: era davvero impassibile. Io l’ho conosciuto: quando l’ho visto in manette non ci credevo”.