Crimescope, la lampada che permette l’individuazione di tracce biologiche, e il Luminol, una sostanza che permette di scovare tracce di sangue anche dopo diversi anni. Sono alcuni degli strumenti con cui i periti stanno effettuando oggi presso la sede dei Ris di Parma le indagini sul furgone di Massimo Bossetti. Un accertamento tecnico non ripetibile, come ha comunicato il pm Letizia Ruggeri che segue il caso, nel tentativo di trovare qualunque traccia possibile che possa confermare il quadro probatorio nei confronti del presunto killer di Yara Gambirasio. Intanto Bossetti ha ricevuto la visita in carcere di un consigliere regionale che ha mantenuto l’anonimato che si è recato per constatarne lo stato di salute. Sono depresso, gli ha detto il Bossetti, in carcere il tempo non passa mai. Ha confessato di voler rivedere i figli. Ha detto di leggere i giornali e di veder scritte cose sul suo caso che non corrispondono secondo lui alla realtà. Mentre sembra confermato che l’uomo, tenuto in isolamento, avrebbe ricevuto minacce a distanze da altri detenuti. 



Massimo Bossetti era un appassionato di cronaca nera, seguiva molti casi giudiziari tra i quali anche quello di Yara Gambirasio. Lo ha detto agli inquirenti e lo si è visto dall’indagine che si sta compiendo sui suoi due computer. Una passione però, questa per la cronaca nera, che dai primi riscontri sui computer, sembra essere cominciata solo nei primi mesi del 2011, dopo il rapimento di Yara. Una conicidenza? Ovviamente può essere una cosa e l’altra, il Bossetti che si tiene informato sugli sviluppi del caso che lo riguarda, oppure appunto semplice conincidenza, di fatto non è una prova contro di lui. In Italia infatti in quei mesi in milioni seguivano il caso della ragazzina scomparsa. Intanto la difesa ha nominato i periti per l’analisi del furgone del muratore. Si vuole capire se negli ultimi anni Bossetti abbia cambiato parti del veicolo per nascondere eventuali tracce e quindi si analizzerà ogni parte proprio per ritrovare eventuali reperti organici.



Prenderanno il via domani gli esami da parte del Ris di Parma sulle due vetture sequestrate a Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio. Le analisi sulla Volvo grigia e sul furgone Iveco verranno effettuate in contraddittorio tra le parti, quindi anche in presenza dei due consulenti recentemente nominati dai legali e dalla famiglia del muratore che da circa due settimane si trova in carcere: si tratta di Sarah Gino, docente all’università di Torino e membro del laboratorio di scienze criminalistiche del dipartimento di anatomia, e Monica Omedei, del dipartimento di sanità dello stesso ateneo. Gli esperti del Ris si concentreranno probabilmente sul furgone, visto che uno simile è stato inquadrato da alcune telecamere di sorveglianza il giorno della scomparsa di Yara nelle strade attorno a via Rampinelli, dove vive la famiglia della tredicenne.



In attesa dei rilievi che il Ris di Parma effettuerà domani sul furgone e sull’auto di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio, le attenzioni degli inquirenti si spostano su due coltelli sospetti trovati tra gli attrezzi del muratore di Mapello arrestato circa due settimane fa. Si tratta di due coltellini che, come fa sapere oggi il Corriere della Sera, potrebbero corrispondere alle dimensioni indicate dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo dopo un attento studio delle ferite sul corpo della tredicenne uccisa, cioè uno spessore minimo di 0,2 millimetri e una lunghezza di almeno due centimetri. Il corpo di Yara, si legge ancora, presentava “almeno otto lesioni da taglio e una da punta e taglio, al collo, ai polsi, al torace, al dorso e alla gamba destra, senza presenti lesioni tipicamente da difesa”. E’ uno di questi coltelli l’arma del delitto che non è mai stata trovata?

Gli avvocati di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio, continuano a ribadire l’innocenza del loro assistito, come ha fatto anche lo stesso indagato più volte dal carcere e come ha affermato ancora oggi l’avvocato Silvia Gazzetti: “Avevo detto che ero convinta della sua innocenza e ne sono sempre più convinta”, ha detto dopo il mancato ricorso al tribunale del riesame di oggi. Il pm Letizia Ruggeri, invece, appare sempre più indirizzato verso un giudizio immediato nei confronti dell’uomo. La difesa di Bossetti -in carcere ormai da quasi quindici giorni- ha nominato Sarah Gino e Monica Omedei, due docenti dell’Università di Torino in veste di consulenti: l’occasione che necessita consulenza sarà quella dei rilievi previsti dal Ris di Parma per la giornata di domani sul furgone e sull’auto del muratore di Mapello.

Gli avvocati di Massimo Giuseppe Bossetti non hanno presentato ricorso al tribunale del riesame per “una strategia difensiva” (il termine per la presentazione del ricorso scadeva proprio oggi, lunedì 30 giugno). I legali hanno dichiarato che “non hanno intenzione di prendere nessuna scorciatoia”, ma sono anzi convinti di “dimostrare in dibattimento quelle che sono le spiegazioni alternative date dal loro assistito” perché sicuri della sua innocenza. Un’altra dichiarazione riguarda il dna trovato sulla scena del crimine: sarà valutata “ogni possibilità”, hanno detto, perché ritengono che le prove debbano essere raccolte in contraddittorio.

Emergono nuovi dettagli sulla vita di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate Sopra uccisa nel novembre del 2010. Nel corso degli interrogatori, la moglie del muratore, Marita Comi, ha escluso che negli ultimi mesi le assenze dal cantiere in cui il marito lavorava fossero più frequenti del solito, ma alcuni colleghi hanno fornito una versione diversa: “Si assentava spesso, lo chiamavano il caciabale – racconta a La Repubblica uno dei muratori che ha lavorato in passato con Bossetti – Ci diceva che aveva da fare e se ne andava, spariva dal cantiere e no, non sappiamo dove”. Altre novità provengono invece dagli spostamenti dall’uomo: secondo quanto riportato da diverse agenzie di stampa, infatti, il cellulare di Bossetti ha agganciato la cella telefonica del campo di Chignolo d’Isola il 6 dicembre 2010, una settimana dopo la scomparsa di Yara Gambirasio. Proprio in quel campo, il 26 febbraio 2011, verrà trovato il corpo senza vita della giovane. Questo ulteriore tassello va dunque ad aggiungersi alla prova considerata fondamentale che ha portato all’arresto del muratore di Mapello, cioè la compatibilità con il Dna ritrovato sugli indumenti della tredicenne.

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