Papa Francesco ha inviato una sua lettera personale ai partecipanti a due convegni di giuristi latino-americani. Nel messaggio uno dei punti principali riguarda il gran numero di persone che si trovano in carcere spesso soltanto perché troppo poveri per permettersi una adeguata difesa legale. Gli svantaggiati, li definisce, stranieri e poveri, hanno meno possibilità di difesa giuridica. Il reato, si legge ancora, non di rado è radicato nelle diseguaglianze economiche e sociali, “nelle reti di corruzione e del crimine organizzato”. Per combattere “tale flagello” non bastano le leggi anche giuste, ma occorre formare persone responsabili capaci di attuarle. “Fare giustizia non è solo punire l’autore di un crimine, né vendicarsi di lui, ma aiutarlo a riabilitarsi dentro di sé e nella società, così come prendersi cura con scrupolo delle vittime. E’ un errore identificare la riparazione solo con la punizione, confondere la giustizia con la vendetta, che aumenterebbe solo la violenza, anche se è istituzionalizzata” ha detto ancora Francesco. Aumentare e inasprire le pene non risolve i problemi sociali e non porta a una diminuzione della criminalità, ha aggiunto. Nel Vangelo, dice il papa rivolgendosi a coloro che fanno le leggi, vanno cercati i modelli per riformare la giustizia. Ha fatto tre esempi: il buon samaritano, il buon ladrone e il buon pastore. 



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