Tra i Santi ricordati il 12 luglio, la Chiesa cattolica celebra la memoria di Sant’Ignazio Clemente Delgado, vicario apostolico del Tonchino Orientale (nella regione del Vietnam) nato il 23 novembre del 1761 a Villa Felice, nei pressi di Saragozza. Entrato da giovane nel convento domenicano di Calatayud, all’interno della provincia d’Aragona nel 1781 ebbe poi occasione di studiare nel famoso collegio di Orihuela, dove fu infine ordinato sacerdote. Subito dopo fu inviato nelle Filippine, in base al suo desiderio di consacrarsi alla vita missionaria. Raggiunse il Tonchino Orientale nell’ottobre del 1790 insieme a Domenico Henares e altri confratelli, scontrandosi ben presto con una serie di comprensibili difficoltà, dovute non solo alla lingua, ma anche a condizioni locali molto particolari. Il suo operato spinse comunque i superiori ad eleggerlo presto Vicario provinciale, mentre Pio VI, nel febbraio del 1794 lo nominò in qualità di vescovo e coadiutore di Monsignor Feliciano Alonso, il Vicario Apostolico, cui ebbe occasione di succedere cinque anni più tardi. In mezzo secolo di apostolato, Ignazio Clemente Delgado riuscì a raddoppiare il numero dei cristiani edificando numerose strutture per il culto, nonostante gli editti persecutori emanati in particolare da re Minh-Manh, che non si peritava di nascondere il suo aperto fastidio per i missionari provenienti dall’Europa. Nel villaggio di Kièn-Lao, dove si trovava in una missione non ancora distrutta dall’ondata di persecuzioni iniziata ormai da lungo tempo, venne tradito da un maestro di lettere che aveva appreso della sua presenza da un fanciullo cristiano: fu catturato dai soldati di un mandarino, il quale fu molto meravigliato dalla estrema dignità da lui mostrata all’atto della cattura. Quando però l’ormai anziano Ignazio Clemente Delgado rifiutò di togliersi la vita, in linea coi suoi precetti, lo stesso dignitario decise di consegnarlo alla sua soldataglia che iniziò ad infierire su di lui, nonostante l’avanzata età. Inviato a Thièn-Truòng, il trenta maggio fu introdotto in una gabbia che sarebbe diventata la sua ultima dimora, in una posizione resa scomodissima dalla ristrettezza della prigione. Portato a Nam-Dinh, scoprì inorridito che di fronte alla porta della città erano state poste delle croci in modo che fossero calpestate dai passanti. La sua prima reazione fu quella di chiedere che fossero immediatamente rimosse, per evitare un atto sacrilego, ma inutilmente, tanto che i cristiani che stavano seguendo il corteo furono costretti a fermarsi. Collocata nei pressi della porta meridionale della città, la gabbia rimase quindi esposta per giorni ai cocenti raggi del sole. In alcune occasioni fu invece portato all’interno del tribunale e sottoposto a domande tese a estorcergli informazioni che avrebbero potuto essere usate contro i suoi correligionari stanziati nel Tonchino, limitandosi a rivelare soltanto informazioni di cui i giudici erano già in possesso. La sua forza di resistenza non fu comunque fiaccata dal vero e proprio supplizio cui venne sottoposto, tanto da indurre infine i giudici a ritenere inutili altri sforzi. Fu lo stesso governatore della città a decidere perciò di condannarlo, con la stessa formula che era stata adoperata appena due giorni prima per Monsignor Henares, all’interno di un verdetto inviato alla corte per la ratifica del re Minh-Manh. La sua morte, però, non avvenne per mano del boia, ma per l’arrivo a maturazione delle condizioni in cui era stato ridotto dai trattamenti che aveva subito, il 21 luglio del 1838. La notizia fu commentata dal governatore con grande dispiacere, ma non per una morte così tragica, bensì per l’impossibilità di organizzare uno spettacolo ad uso e consumo del suo popolo. Infine, fu lui stesso a escogitare il modo di dare comunque vita ad un evento assolutamente macabro, organizzando l’esecuzione del cadavere, il quale fu gettato nel fiume Vi-Hoàng, dove fu ripescato dopo tre mesi e mezzo da un pescatore cristiano. A giustificazione di un atto così orrendo il fatto che Ignazio Clemente Delgado era giunto dal suo paese per promuovere una falsa fede. La sua salma fu infine ricomposta e i suoi resti mortali seppelliti a Bùi-Chu, proprio accanto a quelli di Monsignor Henares. Il suo martirio fu giustamente valorizzato dalla Chiesa e Sant’Ignazio Clemente Delgado vide la sua canonizzazione da parte di Giovanni Paolo II assieme ad altri centosedici testimoni della fede, il diciannove di giugno del 1988.



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