Mistero nel mistero. Cos’è successo il 20 novembre 2010, sei giorni prima della morte di Yara Gambirasio? Il Corriere della Sera riporta il parere di un investigatore, che sottolinea con la matita blu quella data sul calendario, al centro delle attenzioni degli inquirenti. È lì, che si troverebbe la chiave di volta del giallo: cosa ha fatto Massimo Giuseppe Bossetti quel giorno? La domanda era stata posta al carpentiere dal giudice delle indagini preliminari Ezia Maccora nell’interrogatorio del 19 giugno e, in seguito, dai carabinieri e dalla polizia a Marita Comi, moglie del killer di Yara.
Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, legali di Massimo Giuseppe Bossetti, vogliono che si ripeta l’esame del dna. Il carpentiere di Mapello incarcerato lo scorso 16 giugno con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio è stato arrestato perché il suo codice genetico corrisponde al 99,99999987% con quello rinvenuto nelle macchie di sangue trovate sui leggins e sugli slip della ragazzina. Di dubbi sulla compatibilità tra i due codici genetici non ce ne sono, ma la difesa deve battere tutte le strade a sua disposizione, chiedendo appunto un’ulteriore verifica delle analisi: a breve sarà presentata l’istanza.
“Bossetti non l’ho mai conosciuto. Da quando sono stato scagionato non ho più seguito le indagini, sto cercando di ripartire con la mia vita. Il problema è che l’onta delle accuse ricevute rimane, e nessuno mi vuole dare un lavoro”. A parlare è Mohamed Fikri, il piastrellista marocchino inizialmente arrestato per l’omicidio di Yara Gambirasio ma poi riconosciuto totalmente estraneo ai fatti. “Persino in Marocco non posso tornare – dice al Corriere del Veneto dopo aver ritirato il permesso di soggiorno presso gli uffici della questura di Treviso – Le informazioni arrivano nel mio paese in modo frammentario. Quando hanno arrestato Bossetti, poche settimane fa, credevano fossi ancora in carcere: non hanno capito insomma che sono stato riconosciuto totalmente estraneo ai fatti”. Il 26enne sta ora pensando di chiedere un risarcimento per il periodo trascorso ingiustamente in carcere. “Fikri non è stato a lungo in carcere ma gli estremi per chiedere un risarcimento per l’ingiusta carcerazione ci sono”, ha detto Alessandra Nava, l’avvocato che al tempo difese il ragazzo marocchino. “Il fatto che non trovi lavoro ad esempio è un buon motivo per farlo. Andrà insomma valutato quale sia il reale disagio patito”.
“Mio marito non mi ha mai riferito di aver incontrato Fulvio Gambirasio”. Così Marita Comi, moglie di Massimo Giuseppe Bossetti, agli inquirenti nel corso di un interrogatorio del 23 giugno. A render nota la dichiarazione della donna è L’eco di Bergamo, che riporta un ulteriore stralcio del verbale: “Lei frequenta negozi a Brembate per comprare alimentari e altro? Se sì, in quali circostanze e insieme a chi? In queste circostanze suo marito le ha mai detto di aver incrociato Fulvio Gambirasio, padre di Yara? (la domanda degli inquirenti) e in risposta si legge: “Può capitare che io vada al mercato settimanale di Brembate Sopra, che si tiene il giovedì mattina e ci vado da sola o in compagnia di mia madre. Non ricordo di aver mai incontrato Fulvio Gambirasio o la moglie, anche perché non li conosco di persona ma solo dalle televisioni, né mio marito mi ha mai riferito di averlo incrociato”. Ma il muratore di Mapello incontrò l’uomo nel cantiere di Palazzago proprio nel periodo in cui Yara era scomparsa. È stato lo stesso Bossetti a parlare al gip di quell’incontro dicendo “se fosse successo a me, non avrei avuto la forza di lavorare, ma sarei stato in giro giorno e notte a cercare mia figlia”.
In carcere dal 16 giugno scorso con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio, Massimo Giuseppe Bossetti non vede da quasi un mese i suoi figli di 8, 10 e 13 anni. Per questo il carpentiere di Mapello ha chiesto ai suoi avvocati, Claudio Salvagni e Silvia Gazzetti, di presentare una istanza al pm Letizia Ruggeri affinché possa avere la possibilità di avere un incontro con loro. “Stiamo comunque valutando con grande attenzione, anche attraverso contatti con un psicologo”, ha chiarito uno dei legali, perché i tre bambini dovrebbero essere portati in carcere per incontrare il padre. Proseguono intanto le indagini per ricostruire gli spostamenti di Bossetti avvenuti quella sera del 26 novembre 2010, tra Brembate di Sopra e Chignolo d’Isola, in cui Yara gambirasio venne rapita e uccisa. “Per ora mediaticamente siamo come un pugile che sta prendendo pugni in un angolo del ring – ha detto Salvagni, uno dei legali di Bossetti – ma posso assicurare che abbiamo tante carte da giocare e ce le giocheremo tutte a processo”.
E’ stata una vendetta contro il padre di Yara Gambirasio. E’ quanto sostiene Massimo Bossetti, come risulta dal suo ultimo interrogatorio, un tentativo che appare quello di depistare l’attenzione da lui. In realtà l’ipotesi dell’uccisione di Yara come vendetta contro il padre per presunti contrasti nel suo lavoro era già spuntata anni fa, ma dopo una indagine era stata accantonata perché priva di ogni sostanza. Bossetti sostiene invece che tra i muratori della zona si parlava di questa ipotesi, una punizione per uno sgarro che l’uomo avrebbe fatto quando era geometra e che ebbe a che fare con la ditta Lopav. I legali del presunto killer intanto sono in silenzio stampa, la partita è tutta aperta e ogni ipotesi alternativa alle accuse rivolte al Bossetti viene vagliata.