Nelle scorse settimane si è parlato tanto, e giustamente, della scomparsa di Gabriel García Márquez. Un grande della letteratura, premio Nobel nel 1982, che ha segnato l’esistenza di tante persone con un romanzo entrato nella vita e nella testa di molti: Cent’anni di solitudine. La sagra della famiglia Buendía e i racconti di un paese immaginario come Macondo hanno fatto parlare a lungo del “realismo magico”, termine utilizzato per la prima vola negli anni Venti dal critico tedesco Franz Roh per definire una corrente classica (Neue Sachlichkeit, nuova oggettività) e poi utilizzata in senso letterario per identificare quegli ambiti narrativi nei quali, all’interno di un contesto realistico, compaiono elementi di fantasia o magici, che però sono completamente omogenei al resto della storia e, in quanto tali, non avvertiti come dissonanti.



“I Realisti magici, in genere, non mirano – si legge nel libretto che accompagna il bellissimo CD ‘ Alessandro Baricco racconta Gabriel Garcia Marquez e il realismo magico’ – a creare esseri immaginari (elfi, mostri, unicorni), ma a scoprire la relazione misteriosa tra l’essere umano e il mondo che lo circonda, cercando di giungere a una comprensione più profonda della realtà. Gli eventi ‘soprannaturali’ non vengono mai spiegati dall’autore, poiché verrebbero delegittimati agli occhi del lettore, che li classificherebbe immediatamente come elementi alieni rispetto al resto della storia”. Ed ecco il punto.



La relazione misteriosa tra l’uomo e il mondo che lo circonda. La nascita di qualcosa di magico. Voi penserete che mi stia riferendo soltanto alla creazione letteraria. E invece no. Perché durante le vacanze Pasquali, mi è capitato, per fortuna, di vivere in un luogo anche più straordinario di Macondo. Si trova in Italia a San Marcello Pistoiese e si chiama Dynamo Camp. E’ un luogo fantastico, non nel senso di fantasia, ma di gente meravigliosa, dove vengono ospitati gratuitamente ogni anno oltre 1.200 bambini affetti da diverse patologie in una struttura privata che si autofinanzia, attraverso la raccolta di fondi, donazioni, sponsorizzazioni, e che regala una settimana “speciale” a tutti quei bambini e bambine o ragazzi e ragazze, che ogni giorno combattono con leucemie, malattie neuro degenerative, diabete, tumori e altre patologie insieme alle loro famiglie. Sono entrata titubante. Domandandomi se sarei stata capace di affrontare due giorni interi calata nella realtà forte di questi uomini e donne. La magia del posto e delle persone speciali (dipendenti e volontari) che fanno vivere la struttura mi ha tolto dall’imbarazzo. Ma più di tutti lo hanno fatto i bambini, di diverse età, e i loro papà e mamme. Come in un mondo magico, tutti si occupavano di tutti. Tutti davano una mano. Con piccoli gesti. Apparecchiavano, sparecchiavano, facevano disegnare un bambino, lo tenevano in braccio mentre i genitori attorniavano il ricercatore e medico che li informava sui progressi della scienza e su cosa è lecito o non lecito aspettarsi dalle terapie oggi disponibili in modo sicuro.



In un’oasi verde di circa mille ettari, tra piante imponenti, prati che sembravano tappeti, mucche Limousine, e animali selvatici che ogni tanto facevano capolino nell’area tutelata dal WWF, sembrava di vivere in un mondo davvero magico. Dove tutto funziona come ci piacerebbe avvenisse ogni giorno. Con le persone che si mettono a disposizione degli altri. C’é chi guida il pulmino e porta i ragazzi in giro per la struttura tutto il giorno. E nelle pause morte aspetta. Chi organizza le attività per gli adolescenti che adesso, dopo essere stati ospiti, vogliono fare gli educatori. Chi fai il medico e dedica il suo tempo ad assicurarsi che tutto  proceda correttamente dal punto di vista delle terapie. Chi coordina il personale. Chi cucina.

Chi pulisce. Ogni anno servono circa 700 volontari, oltre allo staff, per far funzionare tutto. Le attività, la radio, i percorsi sportivi, il teatro, la fattoria, le passeggiate a cavallo e tanto altro ancora. La cosa bella è che se si vuole provare a entrare per dare una mano, bisogna mettersi in fila per le selezioni. Le domande sono molte di più dei posti disponibili, sinonimo di un Paese che, nelle mille difficoltà economico finanziarie degli ultimi anni non ha perso i senso dei valori più profondi. Ma la magia, oltre che nelle persone, sta nella filosofia del luogo. Il personale del Dynamo Camp ha una missione. Rendere possibile quello che per te non lo è. Un’arrampicata su parete, un passaggio sulla fune, il campeggio in tenda.

La lezione che impari è semplice. Insieme e con la voglia di darsi una mano, anche i cammini più difficili sono fattibili. Avranno tempi diversi, modalità differenti, esiti inattesi, ma alla fine ti lasciano più ricco dentro. L’amico che ho invitato a vivere l’esperienza con noi, subito dopo la partenza mi ha mandato questo sms: ” Grazie di averci fatto capire che può esistere un mondo migliore, non potevamo passare una Pasqua più bella”. Macondo è qui. Vicino a noi. Basta volerci entrare e farsi travolgere dalla magia.