Dopo 27 anni finalmente comincia a farsi largo la verità sull’omicidio di Lidia Macchi, la ragazza trovata morta nei boschi intorno a Varese nei primi giorni del 1987. La giovane, di soli 23 anni, era sparita due sere prima, venne vista l’ultima volta nel parcheggio dell’ospedale di Cittiglio dopo essere andata a trovare un’amica. Le indagini, fumose e poco chiare, puntarono su un sacerdote che conosceva molto bene la ragazza, don Antonio Costabile. Per anni sarà lui l’unico sospettato dell’omicidio anche se non si riuscirà mai a provare nulla, tanto che non finirà mai in carcere. Per motivi di riservatezza, il sacerdote viene mandato in missione in Uganda, poi alla curia di Milano, e le indagini si fermeranno nel mula. Adesso la clamorosa svolta: ad essere accusato un assassino già in carcere, noto per il delitto cosiddetto delle “mani mozzate”, Guseppe Piccolomo, di cui si sospetta abbia anche ucciso la madre. L’uomo era noto ai tempi per importunare le ragazze che incontrava nel parcheggio dell’ospedale di Cittiglio. Secondo le nuove accuse Piccolomo avrebbe rapito e poi ucciso Lidia Macchi. Tra l’altro le figlie dell’uomo negli anni avrebbero fatto sapere che il padre si vantava dell’omicidio, ma le autorità non le hanno mai ascoltate. Il sacerdote adesso ha ricevuto le scuse ufficiali degli inquirenti. Si chiude così un caso che sconvolse Varese e provincia in quel terribile inverno del 1987.



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