Il 28 luglio la Chiesa cattolica ricorda e celebra la memoria di San Vittore. Le notizie relative ai primi anni di vita del santo sono piuttosto scarse: di lui sappiamo, grazie al Liber Pontificalis (Libro dei Papi), che nacque nel territorio dell’attuale Tunisia, che aveva origini berbere e che era figlio di un uomo che si chiamava Felice. Secondo la Historia Ecclesiastica scritta da Eusebio, il suo pontificato iniziò nel 189: a quel tempo, Commodo era al vertice dell’Impero Romano e i cristiani godevano di un periodo di tranquillità, senza dover convivere con lo spettro delle persecuzioni. Approfittando dunque della simpatia che i cristiani suscitavano all’imperatore, soprattutto grazie all’intercessione dell’amante Marcia, Vittore poté incontrare Commodo per perorare la causa della liberazione di coloro, che erano stati condannati ad essere deportati in Sardegna, per i lavori forzati nelle miniere. Tutto ciò accadeva nell’anno 190, una data importante, perché fu il primo caso in cui ci fu una sorta di trattativa tra la Chiesa e l’Impero. Dal punto di vista degli aspetti prettamente liturgici, San Vittore si trovò a fronteggiare un periodo non facile per la Chiesa di Roma, soprattutto a causa delle divisioni interne. Ad esempio, una delle controversie più accese, riguardò la celebrazione della Pasqua, perché per i cristiani d’Oriente essa doveva essere festeggiata il quattordicesimo giorno del mese di Nisan, anche se non di domenica. Vittore si adoperò quindi per ristabilire l’unità, provando a convincere i cosiddetti quartodecimani ad allinearsi con la pratica seguita a Roma. I vescovi asiatici, che si riunirono su sollecitazione di Vittore per risolvere la controversia, conclusero però che avrebbero perseverato nella loro usanza, comunicando la decisione al papa mediante una lettera scritta dal vescovo d’ Efeso, Policrate. Un secondo tentativo di trovare una soluzione si ebbe quando convocò un sinodo a Roma, ma i vescovi della provincia d’Asia, ancora una volta, non si lasciarono persuadere, così Vittore dovette minacciare i vescovi asiatici: non sarebbero più stati ben accetti nella Chiesa di Roma, qualora avessero perseverato nell’osservare la loro usanza. Vittore dovette anche fare i conti con l’eresia dell’adozionismo, predicata dal commerciante di pellame Teodato di Bisanzio, il quale sosteneva che Gesù, pur essendo una creatura speciale, si trovava in una posizione di inferiorità rispetto a Dio. Il santo combatté con grande energia tale eresia, prevedendo inoltre la scomunica per Teodato. San Vittore morì a Roma nel 199, a causa del martirio subito durante il regno di Settimio Severo che aveva ripreso a perseguitare i cristiani. Venne seppellito in un sito poco distante dalla Tomba di Pietro, mentre la Basilica dei Santi Silvestro e Martino ai Monti conserva ancora parte delle sue reliquie.