Un amico. Ma voi ce l’avete un amico? L’amico è quello che chiama sul cellulare al sabato e la domenica, ed è come se partecipasse alla festa del tuo riposo. E in vacanza c’è sempre, anche se non è lì con te. Non scrive su facebook l’amico, o anche sì.
Io ho un amico che è di poche parole, di origine contadine, come le mie. E scrive canzoni. L’ultima “Stasera ho bisogno” me l’ha mandata via e mail e mi ha commosso, come quando Bruno Lauzi, un lunedì di Pasquetta di tanti anni fa mi chiese di sedermi con lui sull’auto, mentre gli altri preparavano la griglia. E mi fece sentire i brani di un suo cd, “Il dorso della Balena”, che aveva dentro un grido: “Ho incontrato Dio sulle spiagge di Rio”. Abbiamo bisogno di musica, di poesia, abbiamo bisogno di sguardi. Alcide, il mio amico, quest’anno mi ha folgorato col suo sguardo, quando ci siano visti dopo la notizia di una malattia grave di un nostro caro amico. Mi ha guardato con un mezzo sorriso, con uno sguardo che diceva tutto: “Ma che mistero è la vita”. E bisogna trapassarlo il mistero per dire “ho bisogno”.
“Il nostro cuoco se n’è andato”, mi ha detto Giorgio davanti al sagrato della mia chiesa, al quartiere Feltre di Milano, a giugno, mentre salutavamo Jack. Ed io ero inebetito di sconforto, ma anche di tenerezza, come quella volta con Lauzi, oppure come quando apprendo che l’altro mio amico ce la sta facendo. E tutto sembra un miracolo. Mauro, a Riccione si è seduto sul gradino con me, per confidarmi che avrebbe portato il suo gelato nel mondo. Lui faceva il gelato a Morbegno, coi fichi, con le cose buone della sua valle.
Pochi giorni fa un infarto ce lo ha portato via, magnifico gelatiere di 53 anni. E mi piace pensare che il conte Riccardi e Giacu Bologna, i miei maestri di gusto che non ci sono più, gli abbiano chiesto un cono. Perché il compimento è una cosa del genere, penso: è la stima assoluta, nella pace dell’Essere. L’estate è partita zoppa, con rovesci che hanno del clamoroso e cominciano a minacciare anche l’uva della vendemmia che verrà. Quand’ero bambino la pioggia era come una musica, quasi una sorpresa. E cercavi i rifugi più strani, fuori da casa, che mai avresti trovato col sole. Una giornata non è brutta o bella se c’è il sole o la pioggia. Dipende se ci sei tu. Si può andare in vacanza nei posti più belli del mondo e passare tanto tempo mettendoci dentro un poco di noia. Nel tempo, qualunque esso sia, ci devi essere invece tu.
E se hai il sole dentro non c’è storia che possa resistere. Attendo l’estate, quella di agosto, fra un viaggio e l’altro agli estremi del mio Piemonte. A Casale Corte Cerro, vicino a Gravellona Toce ho scoperto un posticino niente male: si chiama Barabba (via Novara, 82 – tel. 3488202974) e il cuoco, Antonio Donato per tutti Tony, di origini meridionali, fa un piatto con la ‘nduja calabrese, il trancio di baccalà condito con la ‘nduja calabrese e bagna cauda sbagliata alla mela verde, che mi riporta al mio amico Francesco col suo Magnatum di Longobardi di Calabria (via Indipendenza, 56 – tel. 098275201) dove ogni sera sforna la superba frittata di patate. A Sinio, nel cuore delle Langhe, una signora di origini americane, Denise Pardini, 15 anni fa s’è invaghita dei ruderi di un castello ed ha creato un resort: Il Castello di Sinio (vicolo del Castello, 1 – tel. 0173263889). In cucina c’è lei, che passa spesso anche in sala a parlare coi clienti. La maggior parte dei 24 che occupavano i coperti di una sera di luglio erano americani. E abbiamo mangiato da dio: dagli agnolotti del plin al filetto di fassone col foie gras. I prezzi erano giusti, ma io le avrei dato un premio per i fiori freschi, per tutti i particolari curati fin nei minimi dettagli. Sinio non è una meta particolare, eppure siamo nelle Langhe, vicino a Barolo e a Diano D’Alba. Ci voleva una signora americana per dirci che anche quel luogo nascosto e poco considerato era parte dell’Italia del mito.
Già, ci vuole sempre un qualcuno che dica: “Ci sono”. E lasci la sua impronta. Ovunque si trovi, ovunque sia. Buone vacanze amici!
Paolo Massobrio