“Accatastati l’uno sull’altro, come all’interno di una fossa comune, che ricorda Auschwitz”. E’ la drammatica descrizione dei 45 corpi scoperti nella cella frigorifera dell’imbarcazione rimorchiata alcuni giorni fa a Pozzallo, persone gettate senza pietà nel buio del sottoscafo e morte durante il viaggio per le esalazioni di monossido di carbonio. Un dramma destinato, purtroppo, a ripetersi. Nelle ore di ieri un gommone è naufragato nel Canale di Sicilia, le vittime sembra siano settanta. I sopravvissuti parlano della particolare crudeltà degli scafisti, tutti libici, nuovi carnefici di una strage che assume dimensioni sempre più insostenibili. Gian Carlo Blangiardo, demografo, docente nell’Università di Milano Bicocca, intervistato da ilsussidiario.net sottolinea come nel dramma ci siano responsabilità da parte europea e italiana: “L’operazione Mare Nostrum purtroppo ha sortito quasi un effetto contrario, incoraggiando i clandestini e gli scafisti a buttarsi in avventure disastrose proprio perché sanno che c’è la possibilità di un soccorso a disposizione”. Bisogna invece, aggiunge, andare alla radice della “bomba” Africa per risolvere il problema.
Siamo davanti a una continua conta dei morti. Cosa possiamo o dobbiamo fare?
E’ chiaro che fatti come quelli degli ultimi giorni ci danno un quadro di sofferenza su cui tutti dobbiamo interrogarci, ma resta vero che dovremmo interrogarci anche e soprattutto su come evitare questi scenari.
Se ne discute da sempre, anche ieri il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel suo discorso inaugurale a Strasburgo ha risollevato la questione immigrazione.
Intendo che bisogna andare all’origine del fenomeno. Se lo facciamo veramente scopriremo che con una operazione come quella denominata Mare Nostrum abbiamo paradossalmente abbassato i costi dei rischi dei viaggi dei clandestini.
In che senso?
Succede che oggi il trasportatore, lo scafista, può dire ai disperati: salite pure a bordo in quanti volete, tanto fra qualche chilometro le cose in un modo o nell’altro si sistemano. A volte succede, ma a volte no, come possiamo vedere.
L’operazione Mare Nostrum ha consentito il salvataggio di migliaia di persone, non è d’accordo?
Sì, ma nasconde un atteggiamento che abbiamo ormai assunto, che è quello di incoraggiare i disperati che si lanciano in queste avventure. Questo è qualcosa che ci dovrebbe far riflettere.
Che fare, allora?
Bisognerebbe immaginare qualcosa di diverso, che consenta di intervenire all’origine cercando di risolvere le situazioni più problematiche, ad esempio venendo incontro a chi ha giustamente bisogno del diritto di asilo. Ma evitando che ci sia la tentazione di rischiare la propria vita buttandosi su una barca e ignorando i pericoli che ci sono.
Secondo lei i paesi europei non hanno le loro gravi responsabilità?
Infatti è questo il punto. Con la fondazione di cui mi occupo abbiamo appena fatto delle stime sui flussi migratori dall’Africa, che poi è la vera “bomba” dell’immigrazione.
Cos’avete scoperto?
Che il percorso di questi flussi in realtà tocca in modo differenziato diversi i paesi europei.
Ad esempio?
Ci sono differenze sostanziali tra i paesi dell’area mediterranea e quelli del Nord Europa, ad esempio la Svezia. Solo qualche volta questi paesi sono toccati dai flussi provenienti dall’Africa, e di conseguenza sono meno interessati a tutta la problematica di cui stiamo parlando. Accolgono altri tipi di immigrati, ma non quelli che arrivano dall’Africa. In questo quadro è ben difficile immaginare un’azione comune europea in una situazione di diseguaglianza di interessi. Invece dovremmo fare di questo problema qualcosa che deve interessare tutti i paesi dell’Europa in maniera uguale.
Tornando ai drammi degli ultimi giorni, colpiscono le testimonianze dei sopravvissuti, che accusano la crudeltà di scafisti senza scrupoli. Che ruolo gioca in tutto questo la fine di Gheddafi?
Sapevamo che il Gheddafi maturo era meno sconsiderato del giovane Gheddafi, un soggetto comunque non democratico. Si è eliminato, o si è lasciato eliminare Gheddafi senza aver nessuno da mettere al suo posto. Come sempre siamo partiti alla guerra con tanto entusiasmo e poi non sappiamo come gestire la pace. Su tutti, le responsabilità più grandi dal mio punto di vista sono dell’amministrazione americana, la cui politica estera ormai da anni è del tutto disastrosa.
(Paolo Vites)