Nel giorno 30 luglio, la Chiesa cattolica onora e ricorda San Pietro Crisologo, proclamato nel 1729 Dottore della Chiesa da Benedetto XIII, ad ennesima testimonianza del suo ruolo centrale nelle vicende della stessa.
Le poche informazioni sulla sua vita sono state redatte ad opera di Agnello Ravennate all’interno del “Liber pontificalis ecclesiae Ravennatis”, dalle quali si viene a sapere che dopo essere nato a Imola, venne battezzato ed educato dal vescovo della città, Cornelio, lo stesso che lo avrebbe poi ordinato in qualità di diacono. Fu poi Sisto III a nominarlo vescovo di Ravenna, ovvero della città che era la capitale in quel momento dell’Impero romano d’Occidente, nel 433. Lo spirito cristiano e il continuo affaccendarsi, insieme alle grandi doti oratorie da lui palesate, gli procurarono la benevolenza dei fedeli, mentre la grande eloquenza, che portava a sostegno delle tesi pastorali, gli guadagnarono infine l’appellativo di Crisologo. Oltre che della estrema fiducia di Leone I, ebbe anche l’onore di godere della protezione e benevolenza di Galla Placidia. La sua fama raggiunse livelli tali da spingere anche Eutiche, un teologo monofisita bollato come eretico durante il Concilio di Costantinopoli (448), a cercare il suo prezioso appoggio, invano. In questa occasione il vescovo di Ravenna si limitò infatti a rimandare l’archimandrita alla decisione del papa, ovvero Leone I, con toni comunque suadenti e privi di qualsiasi asprezza. Naturalmente nella sua complessa vicenda terrena ricopre grande importanza l’erezione a vescovo di Ravenna, consacrata da quel Sisto III che si segnalò in quel periodo storico come il papa della pax religiosa, dopo decenni di lotte aspre e scismi, dovuti in particolare alle iniziative di Nestorio, che stavano progressivamente indebolendo la Chiesa. A testimoniare il nuovo corso impresso alla cristianità da Sisto III fu, in particolare, il rifacimento della Basilica liberiana sull’Esquilino, nota come Santa Maria Maggiore. Il primo discorso da vescovo di Pietro, vide tra coloro che lo ascoltavano sia il pontefice che Galla Placidia. Proprio la figlia di Teodosio, sorella di Onorio e madre di Vallentiniano III, fu tra i grandi protettori di Pietro Crisologo, apprezzandone in maniera evidente le doti di equilibrio e la passione, che ne caratterizzò opere e discorsi. Doti riconosciute del resto anche da molte altre personalità di spicco dell’epoca, come il vescovo Germano di Auxerre, giunto a Ravenna proprio per incontrarsi con l’uomo la cui fama era giunta sino alla Gallia. Grazie al suo intenso e accorto operato, Ravenna riuscì a coltivare al meglio la sua funzione di vero e proprio crocevia tra Occidente e Oriente, in un momento in cui l’Impero stava ormai per dissolversi in preda alle lotte intestine. Dopo la sua morte, avvenuta a Imola il due dicembre del 450, i suoi importanti e celebri discorsi furono riuniti dal vescovo di Ravenna, Felice, nell’ottavo secolo. Si tratta di centosettantasei omelie piene di passione e pietà cristiana, nelle quali Pietro Crisologo andava ad esplorare con estrema chiarezza non solo il mistero dell’incarnazione, ma anche il Credo apostolico e le controverse tesi di Eutiche e Ario. Altre omelie, raccolte in altre opere, andavano invece ad analizzare ancora una volta nel dettaglio, ma con grande chiarezza di esposizione, la figura di San Giovanni Battista e della Vergine Maria. Molti anche i commenti chiari e sintetici riferiti ai testi biblici. Un patrimonio del tutto inestimabile che provvide a farne una figura centrale per la Chiesa dell’epoca sino a spingere infine Benedetto XIII a dichiararlo Dottore della Chiesa.