Tra i santi che vengono celebrati il 4 luglio, la Chiesa cattolica ricorda anche San Cesidio Giacomantonio, una delle vittime delle frequenti persecuzioni scatenatesi contro i cristiani in Cina fino al secolo scorso. Nato il 30 agosto del 1873 in provincia de L’Aquila, a Fossa, con il nome di Angelo, mostrò sin da giovane una indole portata alla riflessione e alla preghiera, frequentando il convento di Sant’Angelo in Ocre. All’età di 15 anni chiese di entrare nel convento di San Giuliano, nel capoluogo abruzzese, in qualità di postulante. Proprio durante la cerimonia di vestizione mutò il suo nome, assumendo quello di Cesidio, in onore di un martire marsicano. Proseguiti gli studi teologici, fu infine ordinato sacerdote nel 1897, per poi celebrare la sua prima messa proprio a Fossa, il paese natale. Assegnato al convento di Capestrano, nel 1898 fu chiamato a Roma da Luigi Laner, colui che aveva fondato il movimento missionario nell’Ordine del Francescani, nella sede di Via Merulana, in qualità di candidato alle Missioni Estere. L’anno successivo tornò in vacanza nel suo Abruzzo, dove incontrò padre Luigi Sondini, un veterano delle missioni in Cina, tornato nel nostro paese dopo ben 32 anni. Proprio questo incontro ebbe un ruolo determinante al fine di rafforzare la vocazione missionaria di padre Cesidio, il quale tornò in tutta fretta nella capitale, in quanto si stava organizzando una partenza proprio per il 1899, con meta il grande paese asiatico. Partì quindi verso la Cina, dove arrivò dopo una lunga serie di tappe insieme a padre Bonaventura Schiavo, durate ben quattro mesi. Il luogo di arrivo era Heng-tciou-fu. Padre Cesidio rimase sul posto per un paio di mesi, necessari ad ambientarsi, per poi dirigersi verso Tong-siang, posta nella parte orientale del paese, dove era presente una comunità formata da cinquecento cristiani. Proprio a Tong-siang avvertì i primi sintomi della crescente insofferenza verso le comunità cattoliche da parte dei bonzi confuciani. Una insofferenza che spinse padre Cesidio a illustrare la sua preoccupazione nelle lettere inviate ai genitori, cercando di rassicurarli, ma esprimendo la sua volontà di non lasciarsi piegare. Il 3 di luglio si mise in cammino per raggiungere il Vicariato di Hoang-scia-wua, dove avrebbe dovuto incontrare il vicario del vescovo Fantosati, padre Quirino, nonostante i tentativi dei suoi fedeli di dissuaderlo. Il giorno dopo la missione fu assaltata dai Boxers, un movimento sorto in funzione antioccidentale, e derivante dalle sistematiche violazioni alle tradizioni locali oltre che alla sostanziale impunità di cui godevano i cittadini dei paesi che si stavano dividendo la Cina. Il movimento prese di mira non soltanto le aziende straniere e i loro dipendenti, ma anche i religiosi cristiani, visti come una sorta di emanazione dei paesi colonialisti. Tra coloro che parteciparono al movimento vanno annoverati contadini poveri, soldati, piccoli funzionari e artigiani. Iniziato nella parte settentrionale del paese anche in funzione anti-imperiale, esso fu poi abilmente diretto dal governo Qing solo contro gli occidentali. Anche l’imperatrice Cixi non esitò,a servirsi dei rivoltosi avallando i massacri che colpirono peraltro molti cittadini cinesi che si erano convertiti al cristianesimo. Proprio di questa rivolta rimase vittima padre Cesidio, il quale fu preso in ostaggio insieme al suo maestro spirituale. Nel parapiglia che si venne a creare padre Quirino fu sottratto ai manifestanti, ma padre Cesidio non riuscì a fare altrettanto. Raggiunto dalla folla in tumulto fu percosso duramente e poi avvolto in un panno impregnato di petrolio, per essere dato alle fiamme. A dare la notizia dei tragici avvenimenti fu lo stesso padre Quirino nei giorni successivi. All’atto della sua morte padre Cesidio non aveva neanche compiuto i ventisette anni. Insieme a lui trovarono la morte altri ventotto martiri, nel quadro della vera e propria carneficina provocata dalla rivolta antioccidentale nella quale perirono circa 20mila tra religiosi e semplici credenti. Tra di essi anche i due francescani padre Giuseppe Maria Gambaro e monsignor Antonino Fantosati.



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