Voglio dimostrare la mia innocenza. Massimo Bossetti chiede per la prima volta di essere interrogato dal pm. Fino a oggi infatti aveva solo risposto una volta durante l’interrogatorio di garanzia, quello diciamo obbligatorio, di pura formalità, rifiutando per due volte invece di rispondere agli inquirenti. Adesso invece è lui a chiedere di essere interrogato perché, dice, vuole chiarire che con la morte di Yara non ha niente a che fare. Tutto questo mentre invece l’accusa sostiene che la sua utenza telefonica il pomeriggio del 26 novembre 2010 agganciò la stessa cella di quella di Yara e mentre addirittura si parla adesso di uno stupro di gruppo. Con il Bossetti, si dice, ci sarebbero state altre due persone. Invece i peli ritrovati sul corpo della ragazzina non appartengono a lui, come si è saputo dopo le ultime indagini scientifiche. 



“Bossetti non lo abbiamo mai visto fuori dalla palestra”. A dirlo sono le ragazze che all’epoca frequentavano la palestra di Brembate Sopra, la stessa dove Yara Gambirasio faceva ginnastica ritmica. Convocate al comando dei carabinieri di via delle Valli, alcune di loro hanno ribadito di non aver mai visto il presunto assassino fuori dalla struttura, “tantomeno in compagnia di Yara”. Come riporta L’Eco di Bergamo, i carabinieri hanno ascoltato anche Daniela Rossi, la responsabile tecnica del settore ginnastica ritmica della Polisportiva di Brembate Sopra. “Mi hanno fatto alcune domande di routine su Yara e su Bossetti, di lui mi hanno chiesto se lo conoscevo o se per caso l’avessi mai visto vicino al palazzetto o a Brembate Sopra”, racconta la donna al quotidiano. “Il suo volto l’ho visto per la prima volta sui giornali. Il nostro centro sportivo è frequentato ogni giorno da almeno un migliaio di persone”.



Le tracce raccolte sul corpo e sugli abiti di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate Sopra uccisa il 26 novembre del 2010, potrebbero non appartenere a Massimo Giuseppe Bossetti. Le analisi degli esperti sono ancora in corso e la perizia non è ancora stata depositata, ma sembra che non vi sia corrispondenza tra il codice genetico del muratore di Mapello, in carcere da più di due settimane, e il Dna estratto dai capelli, peli e frammenti di epidermide trovati sulla scena del crimine. Carlo Previderè, responsabile del laboratorio di genetica forense dell’Università di Pavia a cui sono stati affidati gli esami, ha chiesto una proroga sulla consegna dei risultati per poter giungere a una risposta definitiva sulle tracce trovate. Non ci sono dunque ancora certezze, ma è ovvio che se queste indiscrezioni dovessero essere confermate si tratterebbe di una svolta importante a favore di Bossetti, accusato di aver commesso l’omicidio. “Le analisi sono ancora in corso e, conclusi gli accertamenti, depositeremo una relazione”, ha spiegato Previderè, le cui parole sono riportate dal Messaggero. “Noi abbiamo ricevuto dalla Procura di Bergamo un incarico di consulenza ad ampio raggio, gli ulteriori accertamenti sono ancora in atto e li sto eseguendo con una collega”.

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