Durante un telegiornale di una rete all-news, come sempre, passano le immagini del servizio di turno, e nella parte bassa dello schermo scorre una striscia con i titoli delle notizie recenti. L’altro ieri nel leggere una di queste ho sobbalzato come di fronte ad una rivelazione. “Spettacolo: cultura in lutto per la morte di Faletti”.
La rivelazione non è stata la morte del comico-cantante-scrittore-pittore Faletti, di cui mi dispiace come mi dispiacerebbe per chiunque abbia dato cose buone: nel caso di Faletti, direi, soprattutto scintillanti risate ai tempi della mia e sua giovinezza, gli anni 80, e anche per quella canzone, Signor tenente, che, sebbene un po’ retorica, osava un tema allora come oggi abbastanza controcorrente.
Ma è quell’accostamento di due parole, spettacolo/cultura, che mi ha fatto sobbalzare: perfetto, ho pensato, questa è la descrizione più aggiornata del miglior dispositivo culturale odierno, soprattutto letterario. Si prende una persona resa famosa dalla società dello spettacolo e la si lancia in altri campi, tradizionalmente più seri e impegnati, come letteratura e politica.
Il percorso di trasformazione dal personaggio all’autore Faletti assomiglia in tutto e per tutto a quello che è successo in America, come al solito all’avanguardia, con l’elezione di Arnold Schwarzenegger a governatore della California e di un attore hollywoodiano di film western, Ronald Reagan, addirittura a presidente degli Stati Uniti. Per quest’ultimo l’elezione accadeva proprio in quegli anni Ottanta in cui la società si trasformava e l’impegno sessantottino, così ideologico e chiuso a quelle che sarebbero state considerate contaminazioni inaccettabili (mai si sarebbe visto un attore fare politica o un comico il romanziere), cedeva il posto all’affermazione della spettacolarizzazione della società e della vita, in altre parole alla vittoria dell’immagine e dell’apparenza sulla realtà.
Trasformazione che dura tutt’ora: viviamo in un’epoca infatti in cui persino le relazioni affettive, perfino gli amori e le amicizie, sono più virtuali che reali. Faletti ha saputo cavalcare da maestro il fenomeno, producendo libri che hanno un indubbio riscontro commerciale, che arriva fino all’affezione di un grande pubblico di lettori, come testimonia il vasto e commosso movimento di messaggi arrivato sui social alla notizia della sua morte. Che questi libri si possano considerare letteratura, lo lasciamo dire al tempo e non è il caso di parlarne quando la morte dell’autore è così recente.
Ma poi la questione interessava davvero a Faletti? Sicuramente però i suoi libri sono prodotti ben fatti, come quelli di altri autori tangenti il mondo dello spettacolo, come Fabio Volo, Margaret Mazzantini (moglie dell’attore-regista Sergio Castellitto che ha diretto e recitato in film tratti dai libri della moglie) e le barzellette di Francesco Totti, che aggiungo all’elenco perché oggi, si sa, il calcio non è più uno sport, ma uno spettacolo.
Faletti, dunque, ha cavalcato questa onda, che prevede sempre meno gli scrittori-scrittori e sempre più una commistione dove la visibilità dell’appartenenza al mondo dello spettacolo è la vera spinta alla vendita dell’ultimo libro. Tutti gli autori sanno bene che la recensione economicamente più proficua è la partecipazione al salotto televisivo di Fabio Fazio; e in fondo i fenomeni letterari di Andrea Camilleri e Dario Fo navigano sullo stesso confine con lo show-business. Questo non ci impedisce di ricordare con affetto l’attore e cantante Faletti. Sul valore letterario dei suoi libri, diceva uno che era scrittore-scrittore, ai posteri l’ardua sentenza.