I conti non mi tornano. Il Corriere della Sera di domenica scorsa diceva che a proposito del matrimonio gay c’è un sorprendente “cambiamento di opinione tra i cattolici”. Secondo quel sondaggio, dei dieci amici che stavano intorno al tavolo insieme a me ieri sera in veranda, ben otto sarebbero “molto o abbastanza favorevoli al riconoscimento delle coppie omosessuali”. Sembra che questi numeri siano aumentati negli ultimi due anni. Sembra che siano per lo più tra gli elettori di destra. Sembra che siano per lo più giovani, ben istruiti, donne e delle grandi città. E sembrano anche tante altre cose che però – peccato – a me non sembrano.
Ieri sera coi miei amici abbiamo fatto dei discorsi importanti e non mi risulta proprio che otto di loro fossero “nettamente più favorevoli al matrimonio tra gay”. E ho amici di destra ma anche di sinistra, grillini ma anche che non votano o che annullano. E i conti non mi tornano. E sono uomini e donne, giovani e meno. Penso che sono prete da venticinque anni, e i conti non mi tornano.
Eppure il Corriere è un giornale serio e riporta dati e numeri. Cosa succede allora? Non ho ascoltato in questi anni i miei amici? Non ho ascoltato bene nessuno? Piuttosto mi viene il dubbio che questo sondaggio non serva per conoscere un’opinione ma per mandare a dire qualcosa a qualcuno. Mandare a dire ai vescovi del prossimo Sinodo sulla famiglia che tra i cattolici il clima è cambiato. Questo, se stessimo parlando di politica e di elettori, avrebbe un senso. Invece parliamo di pastori di un gregge che è la Chiesa a loro affidata, non elettori ed eletti. Parliamo di un sinodo, non di un congresso di partito. Parliamo di famiglia, di vita, di persone, non di iscritti aventi diritto al voto.
Mi viene in mente la memorabile lezione sul Concilio Vaticano II fatta da Papa Benedetto il 14 febbraio 2013, due giorni dopo l’annuncio della sua rinuncia. Disse che “c’era il Concilio dei Padri – il vero Concilio –, ma c’era anche il Concilio dei media. Era quasi un Concilio a sé, e il mondo ha percepito il Concilio tramite questi, tramite i media. Per i media, il Concilio era una lotta politica, una lotta di potere tra diverse correnti nella Chiesa“.
Se così fosse, se il gioco fosse quello di fare un Sinodo dei media accanto al vero Sinodo, vorrei suggerire al Corriere di spendere meglio i propri soldi. Perché cinquant’anni fa non lo so, ma adesso la Chiesa – i vescovi – sanno bene cosa pensano i cattolici. Forse il Corriere non ha capito bene che l’Instrumentum laboris è stata una cosa seria, importante.
I miei amici li conosco e, a decine e anche a centinaia, hanno speso mesi a leggere e a discutere e a compilare le pagine di un questionario ricco, complicato, impegnativo. Non è stato che la gerarchia ha detto: sedetevi che vi spiego io cos’è la famiglia. È stato che la Chiesa “ha convocato una riunione allargata e tutti insieme hanno discusso la questione della famiglia. Tutti insieme. I problemi infatti non si risolvono facendo finta che non esistano” (cfr. Papa Francesco, 18 maggio 2014).
Una signora mi ha detto che prima dell’Instrumentum le prediche sul matrimonio erano belle, per carità, ma lì dentro, lei, le sue occhiaie, non ce le trovava. Erano come quel palloncino tanto bello e tanto desiderato che le si staccava dal polso quando era piccolina. E poi rimaneva lì a guardarlo andar via. Era sempre il suo palloncino ma era lontanissimo, sempre più lontano. E alla fine non l’aveva visto più. Invece, con la storia dell’Instrumentum, era andata in sacrestia e glielo aveva detto al parroco che cos’era il suo matrimonio, cosa erano quelle occhiaie sotto gli occhi, e cos’era successo al piano di sotto, e della sorella che convive ma che è una moglie migliore di lei, solo che non è una moglie. E, lui, il prete, stavolta, lui, aveva ascoltato. Quindi, se il Corriere non vuole sprecare i soldi, è meglio che non cerchi di spiegare al Sinodo dei vescovi cosa pensano i cattolici.