Marco Travaglio, Condirettore del giornale Il Fatto Quotidiano, si è schierato a fianco di Fabrizio Corona, che sta scontando una condanna per alcuni delitti minori, tra cui il possesso di banconote false, bancarotta fraudolenta e frode, ma anche corruzione di Agenti Penitenziari per poter accedere alle celle di San Vittore. Tra i reati più gravi per cui è in carcere, ricordiamo il caso di estorsione allo juventino Trezeguet – una cifra di 25.000 euro, che il calciatore era disposto a pagare per una foto che lo ritraeva con un’altra donna  – e anche il tentativo, simile, con l’interista Adriano. Marco Travaglio ammette che Corona non si può definire “uno stinco di santo”, ma a suo favore porta un altro fatto, che giustificherebbe la richiesta di una riduzione di pena per Corona che, in definitiva, dovrebbe scontare 9 anni nel carcere Opera di Milano, dove si trova attualmente. Travaglio, infatti, ricorda l’intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rispetto alla condanna di Joseph Romano. Joseph Romano, colonnello dell’Air Force americana, era stato condannato a 7 anni di galera per aver rapito Abu Omar, egiziano, in seguito sottoposto anche a torture al Cairo nel 2003: nell’aprile del 2013 Napolitano aveva concesso la grazia a Romano, che non aveva peraltro -come ricorda Travaglio- scontato neanche un giorno di galera, poiché latitante negli Usa, su richiesta del Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Questa è l’argomentazione principale del Condirettore de Il Fatto Quotidiano: l’americano Joseph Romano, pur avendo commesso un reato assolutamente più grave rispetto a quelli commessi da Corona, è stato graziato. Fabrizio Corona no. Non si potrebbe, anche in questo caso, appellarsi alla “ratio umanitaria ed equitativa” a cui ci si ispira in caso di grazia, con il fine di “attenuare l’applicazione della legge penale in tutte quelle ipotesi nelle quali essa confligge con il più alto sentimento della giustizia sostanziale?”, chiede Travaglio. Lui stesso scrive “E ora graziate Corona”, in un gesto che – sempre secondo il Condirettore – racchiuderebbe un minimo di “umanità” nei confronti di un ragazzo che certamente ha sbagliato, ma facendo del male più a se stesso che agli altri.



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