Botta e risposta tra il presidente della Corte costituzionale e il ministro della Salute sulla fecondazione eterologa. Per il numero uno della Consulta, Giuseppe Tesauro, “i centri di fecondazione assistita autorizzati possono praticare già ora l’eterologa, purché rispettino tutti quei paletti che la legge 40 ha fissato per la procreazione medicalmente assistita in generale e tutti i meccanismi di controllo pubblico previsti e magari talvolta insufficienti”. Non è d’accordo con lui il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per la quale “secondo la lettura del nostro ufficio legislativo i centri, pubblici e privati, senza una legge non si possono muovere. Altrimenti si espongono a contenziosi e problemi giuridici, legati ad esempio alle procedure di autorizzazione”. Ne abbiamo parlato con Alberto Gambino, professore di Diritto privato all’Università Europea di Roma.
Professor Gambino, davvero in Italia si può già praticare l’eterologa?
Quanto afferma il presidente Tesauro rappresenta un’enunciazione molto teorica, ma poco pragmatica. Limitarsi a dire che l’eterologa si può fare rispettando la legge 40 rappresenta una tautologia, in quanto la legge 40, dal momento che non prevedeva l’eterologa, non la disciplina in nessun modo. La legge 40 è stata pensata, scritta e promulgata, ha passato indenne un referendum popolare, e al suo interno si parla soltanto della fecondazione omologa.
Quali sono le differenze tra omologa ed eterologa sul piano del diritto?
La fecondazione omologa è quella che coinvolge due soggetti i quali si conoscono, vivono insieme, fanno tutto l’uno con l’altro. Non è dunque necessaria una serie di analisi, test e screening rispetto a una coppia di questo tipo. Invece quando si parla di eterologa si inserisce un soggetto esterno, totalmente sconosciuto alla coppia. Già qui il legislatore dovrebbe porre molta attenzione su quali sono i test genetici e gli screening da fare. Affermare che tutto questo sia contenuto nella legge 40 non è corretto, perché al suo interno non c’è una sola parola sull’eterologa.
Ha ragione il ministro Lorenzin quando dice che per l’eterologa è necessaria una legge ad hoc?
Sicuramente. Il ministro Lorenzin ha ragione perché da un lato c’è la necessità di aggiornare le linee-guida, dall’altra alcune questioni si possono definire con un decreto che in seguito potrà essere convertito in legge. Ma soprattutto ha ragione il governo Renzi a rimettere questa materia al Parlamento, in quanto c’è un tema estremamente delicato che è quello dell’anonimato del donatore. Questo è un tema che in nessun Paese europeo è stato regolamentato con sentenze, bensì sempre con leggi del Parlamento. Questo fatto dovrebbe far riflettere il professor Tesauro, che è un importante giurista e presidente della Consulta, ma anche tanti altri giuristi che a volte sono anche interessati, e penso agli avvocati dei centri di fecondazione artificiale.
Su che cosa dovrebbe far riflettere?
Dovrebbe far riflettere sul fatto che non si può certo decidere l’anonimato a colpi di sentenza. Tanto è vero che in tutti quei Paesi nei quali è stato deciso l’anonimato del donatore, dopo pochi anni sono tornati indietro e hanno stabilito il diritto inalienabile di chi nasce a conoscere le proprie origini biologiche. In quei Paesi si era aperto un contenzioso enorme, perché chi nasceva dall’eterologa prima o poi ne veniva a conoscenza e voleva sapere chi era il genitore biologico. Ormai il trend europeo, ma ormai anche nordamericano, è quello di ritenere che il diritto a riconoscere le origini biologiche sia inalienabile. Così come succede del resto nella legge sull’adozione, anche italiana, che di recente è stata modificata per consentire ai figli adottivi di conoscere anche i genitori biologici.
(Pietro Vernizzi)