Dopo le illazioni diffuse ieri da alcuni organi di stana, secondo le quali Giuseppe Bossetti frequentava siti  pedo pornografici cercando in particolare ragazzine tredicenni (la stessa età di Yara quando venne uccisa) giunge oggi la smentita del legale del presunto killer. Secondo il legale, Bossetti ha un figlio proprio di quella età, per cui il fatto che abbia digitato su google la parola “tredicenni” può voler dire tante cose, ad esempio che cercava informazioni da genitore nei confronti del figlio appunto tredicenne. “Comunque – il tutto deve essere contestualizzato e non sappiamo, qualora quegli accessi siano davvero stati fatti, quando sono stati fatti” ha detto ancora.



 – A settembre i legali di Massimo Bossetti presenteranno istanza di scarceramento. Dal punto di vista delle indagini stanno per essere presentati agli inquirenti i risultati delle analisi sul furgone del Bossetti e sulla sua auto e il materiale sequestrato dalla sua abitazione. 

Massimo Giuseppe Bossetti? “Sarà scagionato. Il Dna è una prova, ma sfido qualsiasi genetista a dire che non è trasportabile; dunque dove sono gli elementi che dimostrano che lui ha ucciso Yara?”. Parola di Ezio Denti, criminologo investigativo, contattato da Adnkronos. Il principale sospettato per l’omicidio della ragazzina, in carcere dal 16 giugno proprio con l’accusa di aver tolto la vita all’adolescente, sarà dunque rilasciato? Ne è certo Denti, che parla di “elementi discutibili” contro di lui, dicendo che la procura non ha in mano nulla che possa portare a processo.



Siti pedofili nella cronologia di uno dei due computer sequestrati a Massimo Giuseppe Bossetti. Gli investigatori che indagano sull’omicidio di Yara Gambirasio hanno rinvenuto ricerche sospette nel pc dell’uomo, in carcere dal 16 giugno con l’accusa di aver ucciso la ragazzina. Le ricerche del carpentiere di Mapello recherebbero, per almeno cinque volte, la parola “tredicenni” non in normali motori di ricerca, ma in alcuni siti pedopornografici: lo ha anticipato il quotidiano La Repubblica. Per quello che si sa, le ricerche in questione non sono state datate e al momento non le si è contestualizzate a un periodo preciso, tranne in un caso, che risale all’inizio di maggio 2014. Sembra, inoltre, che nei cinque casi rilevati finora non ci sia stato alcun download di materiale pedopornografico (foto o video).