Un barcone con 250 immigrati a bordo si è rovesciato al largo di Tripoli, da dove era partito solo venerdì. Sabato sera si contavano 170 dispersi, mentre le vittime già recuperate sono venti tra cui un bambino di 18 mesi. Sul barcone si trovavano perlopiù somali ed eritrei, e per ora la guardia costiera libica è riuscita a salvare soltanto 16 persone tra cui un bambino di un anno. Abbiamo parlato di questa tragedia con Sandro Gozi, sottosegretario alla presidenza del Consiglio ed esponente del Pd. Domani, lunedì 25 agosto, Gozi interverrà al Meeting di Rimini nel corso di un incontro dal titolo “L’immigrazione e il bisogno dell’altro: Italia, Europa, mondo”. Sottosegretario
Gozi, dopo la strage di sabato che cosa si aspetta sul fronte dei flussi migratori?
E’ evidente che il fenomeno migratorio continuerà ad aumentare, ed è altrettanto evidente che l’Europa deve decidere che cosa vuole fare da grande. Non è possibile che ogni volta che si presenta un problema come quello dell’immigrazione, con ricadute sull’intera Unione Europea, il primo tentativo sia sempre quello di lasciarlo al Paese in prima linea, in questo caso l’Italia.
Che cosa sta facendo il governo italiano per rispondere a queste sfide?
Noi stiamo lavorando perché una nuova cultura, prima ancora che una nuova politica, faccia dei passi avanti durante il semestre italiano di presidenza Ue. Ciò è indispensabile a maggior ragione perché con il contesto geopolitico in crisi ai confini dell’Unione è assolutamente evidente che bisogna smettere di ragionare in termini di puro egoismo.
A proposito di egoismo, l’Ue ha replicato all’Italia che sull’immigrazione sono stati già stanziati fin troppi soldi. Lei che cosa ne pensa?
E’ una risposta assolutamente infelice a partire dall’aggettivo “troppi”. Per salvare vite umane i soldi non sono mai troppi, e ciò rivela un’estrema miopia oltre a una mancanza di capacità di fare bene i conti.
In che senso l’Ue non sarebbe capace di fare i conti?
Se è vero che i flussi migratori sono aumentati di oltre il 900%, e c’è stato un piccolo aumento di fondi Ue a favore dell’Italia, significa che a Bruxelles hanno anche perso la capacità di fare le moltiplicazioni. Se noi non usciamo da questo approccio economicista e contabile, che fa torto all’Europa stessa, non ci sarà nessuna possibile soluzione.
Oltre a chiedere che ci sia più Europa, che cosa farà l’Italia? Stipulerà patti con Tunisia e Libia?
Noi siamo attivi nell’ambito del semestre Ue per stringere “accordi di partenariato per la mobilità” con tutti i Paesi del Nord Africa. Vorremmo realizzare inoltre un’operazione europea rispetto al Corno d’Africa. Il partenariato per la mobilità non deve però essere portato avanti soltanto dall’Italia ma dall’intera Ue, con i Paesi d’origine e di transito.
C’è un esempio di partenariato che può funzionare come modello positivo?
Quello attuato con il Marocco ha funzionato e sta funzionando abbastanza bene, e ora occorrerà fare la stessa cosa con gli altri Paesi del Nord Africa. E’ evidente che l’altro grande problema geopolitico alle porte dell’Italia è la Libia. Del resto oggi la situazione politica libica è talmente instabile che è difficile trovare un interlocutore con cui fare l’accordo, ma è chiaro che la direzione da seguire deve essere assolutamente quella. Il titolo del Meeting di quest’anno è “Verso le periferie del mondo e dell’esistenza. Il Destino non ha lasciato solo l’uomo”.
Che cosa sono per lei le periferie di cui parla Papa Francesco?
Per me sono i perdenti della globalizzazione e i dimenticati dall’Europa. Dobbiamo invertire l’approccio, perché la stessa Ue è nata cercando di superare i concetti di centro e di periferia. Dal momento che la globalizzazione si sta sviluppando attorno a un modello esasperato di centro e di periferia, occorre cambiare approccio per una questione morale e culturale prima ancora che politica. Occorre essere presenti nelle periferie per invertire il modo in cui la globalizzazione si è realizzata in questi 25 anni.
(Pietro Vernizzi)