Trovo su twitter @sono_selvatica che scrive: “Vedo sempre più spesso tweet intolleranti su vegetariani e vegani, cos’è dopo la comunità gay avete trovato un nuovo bersaglio?? ?#rispetto” e ripenso alla mia storia con questo social. Prima di twitter, se mi avessero detto di esprimermi in 140 caratteri, avrei detto no, non lo so fare, non li so pensare pensieri in 140 unità. Avevo un sacco di cose da dire. Cose piene di idee e di caratteri. Ho iniziato e dovevo sempre cancellare. Ora 140 caratteri bastano. Ho imparato a far entrare i pensieri nelle parole che c’entrano. Ho imparato. È stata una buona scuola.
Però su twitter ci sono tanti attacchi personali. Tanti gli insulti. Poco il rispetto. Perchè? Perchè quel signore nella fotina urla a lettere maiuscole il suo insulto? In tempi gayfriendly non sono gli omosessuali il bersaglio: ora vanno vegetariani e vegani. Perchè a volte ognuno di noi mette in quell’improbabile nick, il sé stesso vigliacchetto? Forse da piccolo facevi il bullo nel cortile di casa tua, tra quelli come te, però bastava che scendesse quello del terzo piano, per abbassare la voce e le orecchie perchè quello mena.
Però non era solo quello. Era anche perchè lo conoscevi, ci andavi a scuola insieme. Lui non era solo i suoi tweet ma era lui, quello del terzo piano. Il cortile reale aveva una diversità che manca a twitter. Sei connesso con il mondo ma è un mondo su misura tua. Su twitter (ma anche su facebook) ti vendono gratis l’idea che sei cittadino del mondo ma dipende da te se è vero o no.
Se ti lasci portare dai motori di ricerca vedrai che al primo prete che inizi a seguire, ti vengono altri preti, gruppi cattolici, suore e santuari che scrivono pensano parlano come te, e inizia la giostra delle notifiche fotocopia.
Tutte uguali. Cinema? Attori, recensioni, fan. Scrittori? La razza più prolifica sui social. Perversioni varie? Troverai spazi e persone che li vogliono occupare. E piano piano la finestra sul mondo che dovrebbe essere il social diventa un monolcale senza luce e aria, piena zeppo di altri te.
È allora quando manchi di rispetto. Perché lui, il rispetto, non vive da solo. È un concetto che ha bisogno di una mente, la mia, ma anche di una faccia, la tua. Di due vite, le nostre. Proviamo. I vegani sono persone che mangiano praticamente solo erbe. Proviamo a prendere l’ultimo post, tweet, al vetriolo e pure un po’ cafone che abbiamo scritto contro la comunità vegana, e poi pensiamo di usare le stesse parole con chi conosciamo e, soprattutto, fuori da un gruppo che ci protegge (perché magari i vegani fanno lo stesso con gli altri, non so): senza gruppo alle spalle e con gente che conosciamo non lo faremmo mai. Il rispetto c’è se ho davanti qualcuno e se non mi nascondo dentro una massa.
Se non ci stai attento, twitter (ma anche facebook, e google e via discorrendo) ti propone una vita tra uguali, tra pensieri fotocopia. Alla fine segui solo quelli che ti seguono: insomma che sono uguali a te. E fai gruppo ed è tutta una storia tra gruppi.
Praticamente, alla fine, leggi sempre lo stesso tweet con varianti minime. È come se ci avessero dato una stanza con finestra sul mondo e noi optassimo per rinchiuderci nell’armadio. Se poi aggiungi che, per forza di cose, twitter non ha la vita in comune, vengono fuori tutte persone similpensanti che parlano in gruppo contro gente che sono nessuno, che non conoscono. Che se fossi tra persone del cortile reale, a porte e finestre aperte, non lo faresti mai.
Perciò consiglio di aprire twitter, non di chiuderlo. Ma di aprirlo sul serio. Apriamo. Conoscevo un cortile dove il camionista viveva accanto alla suora. E allora imparavano tutti e due l’uno dall’altro (anche la suora, non solo il camionista). Ecco io vorrei una suora che twitta col camionista di Gallarate. Io sono prete e seguo Levatidallepalleplease. Cosa mi dice? Cosa gli dico? Non lo so. Proprio per questo voglio seguirlo. A che serve una finestra sul mondo se mi chiudo in un monolocale di specchi e seguo mille me stesso che ingigantiscono e così facciamo gruppo contro gli altri nessuno?
Levatidallepalleplease sarà la mia finestra sul mondo.
Sembra poco seria come cosa, ma non lo è. Provare per credere. Se non altro potremmo scoprire che stiamo pagando un botto di soldi di smartphone per stare a parlare con lo specchio.