L’avvocato Ivano Chiesa, legale di Fabrizio Corona, sta prendendo in considerazione la possibilità di “presentare una richiesta di grazia”. Il re dei paparazzi è detenuto nel carcere di Opera a Milano, dopo la condanna a 13 anni e otto mesi di reclusione per aver commesso diversi reati. In particolare, l’avvocato vuole concentrarsi sulla richiesta per il reato a cinque anni di reclusione per l’estorsione al calciatore David Trezeguet, con la probabilità anche di presentare un’istanza di revisione del processo. Secondo l’avvocato, l’assoluzione del 12 giugno scorso dall’accusa di evasione fiscale ha «ristabilito un principio di legalità, riconoscendo l’inesistenza dei fatti contestati». Il giudice del Tribunale di Milano, Marina Zelante, ha scritto così nelle motivazioni della sentenza: i redditi presentati da Fabrizio Corona nel 2007 e nel 2008 «evidenziano un potere di spesa che rende configurabile un tenore di vita nettamente superiore alla media» e, per questo, «non si può escludere a priori la possibilità che molti dei prelievi conteggiati ai fini della determinazione del maggior reddito imponibile siano stati contrassegnati da tale finalità. Gli elementi di prova raccolti non consentono di ritenere integrata la contestata ipotesi delittuosa». Il giudice aveva chiesto una condanna a un anno e 9 mesi di reclusione per una presunta evasione da un milione e 300mila euro relativa al periodo 2007-2008 nell’ambito dell’attività dell’agenzia del re dei paparazzi. In più e «una pluralità di prelievi dall’importo di 5.000 euro» nel 2008, che sono stati utilizzati dagli inquirenti per «calcolare l’ammontare dell’imposta evasa» relativa a quel periodo. Per il versamento “sospetto”, il pm ha sottolineato che “il criterio presuntivo” secondo il quale «tutti gli accrediti e gli addebiti registratisi sul conto corrente del contribuente se non documentati siano da considerarsi come redditi e come tali concorrano a formare la base imponibile» non può essere utilizzato come «il solo strumento per l’accertamento dell’ammontare dell’evasione fiscale penalmente rilevante». 429.613 euro risultano versate per il periodo di riferimento per pagare le imposte e che «tale risultanza fattuale vale a contestare l’attendibilità della verifica fiscale». Per le somme di 5.000 euro prelevate non è da escludere che siano state utilizzate per i “bisogni familiari” del fotografo. Un “dato di fatto” che «vulnera in radice il presupposto su cui poggia l’impianto accusatorio». (Serena Marotta)