Dopo che, per un errore nella redazione del testo, il gip di Bergamo (Ezia Maccora) ha respinto l’istanza di scarcerazione per Massimo Giuseppe Bossetti, in carcere dal 16 giugno per l’omicidio di Yara Gambirasio, gli avvocati del muratore di Mapello – Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni – hanno ripresentato il documento dopo averlo notificato anche ai legali della parte offesa e dunque la famiglia della piccola assassinata (secondo quanto stabilito dal una modifica dell’articolo 299 del Codice di procedura penale). Era stato proprio questa dimenticanza a rendere inammissibile la prima istanza presentata, invalidata dal vizio di forma. I legali della famiglia Gambirasio hanno ora 48 ore di tempo a disposizione per presentare delle proprie memorie.



Massimo Giuseppe Bossetti ha già sostenuto di non essere andato a lavoro il pomeriggio del 26 novembre del 2010, quando Yara Gambirasio venne rapita e uccisa poco dopo essere uscita dalla palestra di Brembate. Lo ha detto uno dei suoi legali, Claudio Salvagni, commentando la recente notizia secondo cui gli investigatori avrebbero appurato che il muratore quel giorno non si è mai presentato al cantiere. “Se davvero i tabulati dovessero dimostrare che Bossetti quel pomeriggio, non era al cantiere, dove era stato in mattinata, ma altrove, il suo racconto sarebbe ancor più confermato”, ha spiegato l’avvocato. Secondo Salvagni, infatti, Bossetti avrebbe già detto di non essere andato a lavoro durante il secondo interrogatorio davanti al pm Letizia Ruggeri.



Svolta nel caso dell’omicidio di Yara Gambirasio. Il giorno della scomparsa della tredicenne, rapita e uccisa il 26 novembre del 2010, Massimo Giuseppe Bossetti non era in cantiere come ha sempre sostenuto durante gli interrogatori, ma girava con il suo furgone intorno alla palestra dove la giovane faceva ginnastica. Sarebbe questa la conclusione a cui sono giunti nelle ultime ore gli investigatori, nonostante il carpentiere di Mapello, in carcere dal 16 giugno scorso con l’accusa di essere l’assassino di Yara, abbia sempre sostenuto di essere andato a lavoro e poi di essere rimasto a casa con moglie e figli per tutta la sera. Le verifiche effettuate dimostrerebbero però il contrario, cioè che lui quel giorno a lavoro non si è mai presentato: lo avrebbero confermato i colleghi, più volte ascoltati dagli inquirenti e concordi nell’affermare che Bossetti quel pomeriggio non era al cantiere. Ci sono poi le celle agganciate dal cellulare che delineano il pecorso effettuato quel giorno, ma soprattutto ci sono le registrazioni di alcune telecamere di sorveglianza presenti nella zona della palestra. Il primo avvistamento del furgone del muratore avviene verso le 18, quando passa davanti a un distributore di benzina ad appena pochi metri dalla palestra, mentre mezz’ora dopo è ancora ripreso dalla telecamera di una società che si trova proprio di fronte la struttura sportiva. “Andavo da mio fratello e dal commercialista”, aveva spiegato Bossetti, ma anche in questo caso è stato dimostrato che le sue visite erano piuttosto rare, mentre la presenza intorno alla palestra era costante. Il corpo straziato di Yara Gambirasio venne ritrovato tre mesi dopo, il 26 febbraio 2011, in un campo di Chignolo d’Isola.

Leggi anche

Yara Gambirasio, genitori denunciano Netflix per violazione privacy/ "Nella docuserie audio non autorizzati"