Daniza batte suore tanto a poco. Enorme, secondo alcuni, sarebbe la sproporzione di spazio mediatico che intercorre tra la simpaticissima orsa e le tre missionarie uccise in Burundi pochi giorni fa. Ad aprirmi gli occhi è stata Chiara Geloni sull’HuffPost di ieri, e lo ha fatto con laicissime argomentazioni. Le più convincenti. Dice che la vita umana vale più dell’animale e cita Fernando Savater: “La compassione è un sentimento buono, per carità, ma non è la morale. Mettiamo che passeggiando trovo un passerotto caduto dal nido. So che è in pericolo e poiché sono persona compassionevole, lo raccolgo e lo metto in salvo. Questo è molto bello. Ma è ben diverso dal caso in cui io mi imbattessi in un neonato abbandonato per strada. Lì non si tratta di compassione. Io ho il dovere morale di occuparmene. (…) I veri barbari sono coloro che non distinguono uomini e animali. Caligola che fece senatore un cavallo e uccise centinaia di persone che non apprezzava. Quello era un barbaro. Perché trattava gli uomini come gli animali e gli animali come gli uomini». 



Purtroppo il paragone tra Daniza e le suore rischia di trarre in inganno perché fa pensare in chiave religiosa e qui invece la faccenda è tutta umana, e oltretutto sembra che il martirio non c’entri nulla con la morte delle suore. In ogni caso, è importante aver chiaro che per venir a capo della morte di Daniza non bisogna parlare di chiese ma di uomini e di animali. Roba laica. Non c’entra che sono un prete e che le donne uccise fossero suore. C’entra che sono state uccise tre persone di sesso femminile della specie umana e che è stato ucciso un urside di sesso femminile, comunemente detto orsa, della specie animale; e c’entra che è ingiusto per l’orsa innanzitutto – ripeto: per l’orsa – che la trattiamo come una donna. 



La giustizia è uguale per tutti e quindi vale anche per lei, per Daniza. Se la trattiamo come una femmina umana è come se portassimo un orso bianco all’equatore. Non importa che il trattamento di cui parlo è quello dei Tg o dei social. C’è un concetto tecnico importante, è quello di specie aliena: non sono quelle che vengono da Marte, si tratta degli animali che per caso, per sfortuna, o per mille altri motivi si trovano a vivere in ambienti ecologici diversi da quelli previsti dalla natura. Per esempio, i pesci siluro nel Po o i pappagalli a Roma, dove abito.

Se andate al bioparco della mia città vi fate una cultura sui pesci alieni. Che sono i pesci che non vivono nelle acque italiane e che quindi – non per colpa loro – le devastano.



Ora, se succede che ai motori di ricerca risulta molto più facile trovare l’orsa che le suore; se c’è chi con l’orsa Daniza si è cambiato l’immagine del profilo; se scrivere, come fa Chiara Geloni, che salvare un passerotto o un bambino abbandonato non è la stessa cosa e fa scoppiare la caccia alle streghe, vuol dire che ci sono dei problemi. 

Potrei raccontare che nel mio quartiere chiudono i negozi di alimentari al dettaglio e siamo al terzo, dico terzo, negozio-boutique per cibo e accessori per animali. Potrei raccontare di Esmeralda, venuta in Italia dal Venezuela a sopravvivere – non scendo in particolari sui modi che aveva trovato – e che un anno fa aveva due occhi così quando al Colosseo faceva i conti in tasca alle gattare e pensava ai fratellini che aveva lasciato senza cibo in Venezuela. Ma io, questi discorsi non voglio farli, perché non voglio scivolare dalle parti della Caritas, del religioso, e del discorso anima-corpo. 

È parlando degli animali che voglio dire che la morale e la giustizia sono una cosa seria. Se un cane levriero rimane paralizzato per malattia, è etico costruirgli attorno un carrello che funga da sedia a rotelle, e condannarlo a trascinarsi così per il resto della vita? È indubbio, che se l’emiparesi accadesse a mio figlio la domanda non si porrebbe neppure, ma il cane siamo sicuri che lo voglia? In quel carrello-sedia a rotelle c’è rispetto verso l’animale? o forse i padroni sono troppo attenti a tutelare la dimensione umana del loro modo di voler bene a degli animali? Ci poniamo il problema della qualità di vita nel “fine vita” e non ce la poniamo trattando un animale come fosse un uomo? Chi ha sbagliato nel caso di Daniza, paghi: ma chiediamoci se non stiamo facendo come l’uomo del carrello, se non stiamo trasformando Daniza in una specie aliena, se non la stiamo chiudendo in una storia che non le appartiene.

Da piccole, le bambine giocavano con le bambole. Le vestivano, le cullavano, e le portavano a spasso per il corridoio. Erano bambine ed erano bambole. Non è che i grandi dovevano spiegare alla bambina che la bambola era una bambola. La bambina lo sa che sta giocando a mamma e figlia, e sa come deve trattare la bambola: da bambola. Perché una bambina che gioca con una bambola è una bambina che fa la bambina. Ma se una donna adulta porta in giro una carrozzina con un bambolotto ha perso la ragione. Cosa ci è successo davanti alla morte di un’orsa? Guardiamo la carrozzina del nostro cuore di uomini e chiediamoci, cosa c’è dentro: un’orsa o un essere umano?