Hanno comprato una casa a Pompei, nel napoletano, con un mutuo di 300mila euro e, dopo sei anni, si sono visti recapitare una richiesta dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati che ne ha rivendicato la proprietà. L’appartamento, nato come promessa di pagamento di un costruttore al clan Cesarano, era stato sequestrato dai carabinieri nel 2011, ma per un errore la misura era stata annotata al catasto su un foglio diverso: il 12/A invece del 12. Così dalle visure il bene risultava libero da ogni pendenza. Nel 2005 i coniugi hanno così acquistato la casa. Dopo il sequestro, in assenza di opposizioni, questo era diventato definitivo nel 2006, senza che i due coniugi ne sapessero nulla. È stata riconosciuta nel 2012 dal tribunale di Torre Annunziata la buona fede degli acquirenti. La decisione, tuttavia, è stata annullata dalla Cassazione su ricorso dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati. Da qui si ritorna in tribunale. La sentenza in questo caso è diversa: i due devono lasciare l’appartamento, perdendo i soldi già versati e con l’obbligo di continuare a pagare il mutuo.



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