Dove si trovava il 9 dicembre 2010 Massimo Bossetti, quindici giorni dopo la scomparsa e la morte di Yara Gambirasio? Secondo un articolo pubblicato oggi dal Corriere della sera, proprio nei pressi del campo a Chignolo d’Isola dove sarebbe stato poi ritrovato il corpo della ragazzina. Lo dimostrerebbe una fattura a suo carico, mentre nella sua testimonianza il Bossetti smentì di essersi trovato in quella zona. Una fattura che tra l’altro indica l’acquisto di un metro cubo di sabbia: a cosa serviva e perché portarla a Chignolo? Su questo Bossetti non ha saputo rispondere.



Dopo i dubbi avanzati dai legali di Massimo Bossetti sulle tracce di Dna trovate sugli indumenti di Yara Gambirasio, è intervenuto nel dibattito anche Giuseppe Novelli, genetista e rettore dell’università di Tor Vergata a capo del team che si è occupato anche delle analisi del Dna di “Ignoto 1”. Intervenuto a “Effetto Giorno”, trasmissione di Simone Spetia su Radio 24, l’esperto ha detto che “qui non si tratta di mettere in discussione l’identificazione o l’appartenenza di quel Dna ad una persona. E lo dimostra il fatto che dal Dna in questo caso si è arrivati ad identificare una persona di cui non si sapeva assolutamente nulla”. Questo dimostra “quanto è preciso quel test – ha aggiunto Novelli – Quella prova di identificazione è accurata e certa. Il dubbio è un altro. Da quanto mi è dato di capire il dubbio è sulla natura biologica del campione trovato: quando si trova un campione di Dna, spesso bisogna risalire a da dove provenga, se sia sangue, sperma o urine. Lì era una traccia molto piccola, c’era del sangue, c’era qualcosa d’altro che non si può capire. Ma l’identità è certa”. Il Dna inoltre non può essere degradato, “altrimenti non si sarebbe arrivati ad una identificazione così certa”. La traccia, quindi, è sicuramente di Ignoto 1.



I legali di Massimo Bossetti, l’uomo che si trova in carcere dal 16 giugno scorso con l’accusa di aver ucciso Yara Gambirasio, sono pronti a contestare la traccia di Dna ritrovata sugli indumenti della tredicenne di Brembate. Per ottenere la scarcerazione del loro assistito, infatti, gli avvocati Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni hanno ricordato quanto scritto dai Ris di Parma in una relazione consegnata nel 2011 alla Procura di Bergamo: “Una logica prettamente scientifica, che tenga conto dei non pochi parametri che si è tentato di sviscerare in questa sede – recita il testo – non consente di diagnosticare in maniera inequivoca le tracce lasciate da ignoto 1 sui vestiti di Yara”. Eppure il gip di Bergamo, Ezia Maccora, respingendo l’istanza di scarcerazione di Bossetti presentata di recente, aveva definito “ottima” questa traccia di Dna che si è conservata “grazie al tipo di indumenti su cui è stata ritrovata, gli slip e il leggins, meno esposti e quindi più protetti dagli agenti esterni”. Nonostante ciò, è proprio tale traccia che i due legali hanno intenzione di contestare nel ricorso al Tribunale del Riesame di Brescia. Ci sarebbero infatti alcuni elementi che il gip non avrebbe preso sufficientemente in considerazione: oltre al Dna sui vestiti di Yara, ci sarebbero alcuni dubbi sull’ultima cella agganciata dal cellulare della giovane. Non si tratterebbe della cella di Mapello, comune della provincia di Bergamo dove vive Bossetti, ma quella di Brembate dove invece si trova sia la casa che la palestra di Yara: questo ulteriore dettaglio potrebbe tornare quindi utile alla difesa.

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