Il 25 settembre la Chiesa Cattolica celebra San Firmino. È però necessario fare chiarezza in questo particolare caso, poiché sono ben tre i santi che portano questo nome. I tre personaggi che vengono solitamente indicati come Firmino di Amiens sono rispettivamente un abate, festeggiato l’11 marzo, un vescovo, celebrato il 1° di settembre e un terzo, anch’esso vescovo, che però ha una precisa peculiarità rispetto agli altri due, quella di essere un martire. Proprio il terzo è oggetto delle celebrazioni del 25 settembre. La documentazione che lo riguarda, risale al V o VI secolo, ma l’autenticità storica attribuita a questi Atti è scarsa. Nonostante la scarsa attendibilità, hanno fatto da base non solo ai successivi processi che hanno fatto di Firmino un santo a tutti gli effetti, ma anche la base per le sculture di pregio che lo ricordano all’interno della Cattedrale della città francese.Come del resto indica in maniera eloquente il nome, San Firmino era originario della Spagna, in quanto la sua famiglia sarebbe stata molto in vista a Pamplona. Il padre Firmo, in particolare, sarebbe stato un senatore e alto funzionario romano, il quale avrebbe rivestito la carica di amministratore della città iberica nel corso di larga parte del terzo secolo. Sia lui che la moglie Eugenia, si sarebbero poi convertiti la cristianesimo, toccati dalle parole di Santo Onesto, giunto nella città spagnola dopo essere stato imprigionato a Carcassonne, e di San Saturnino di Tolosa. Nato nel 272, Firmino fu battezzato proprio da Santo Onesto, il quale avrebbe anche avuto un posto di assoluto rilievo nella sua successiva formazione cristiana.Ordinato sacerdote a Tolosa, dal vescovo Onorato, sarebbe poi diventato vescovo della sua città originaria, il primo in assoluto secondo la tradizione, trasferendosi quindi in Francia, in una lunga missione di evangelizzazione che avrebbe toccato Alvernia, Aquitania e Anjou, oltre a svariate località di altre parti del paese. L’ostilità sempre viva dei sacerdoti pagani non avrebbe impedito il successo di questa missione, avversata peraltro da Valerio, il governatore romano, il quale ordinò che Firmino venisse frustato prima di optare per la sua liberazione. Nonostante i pericoli ormai evidenti, Firmino decise di non fermarsi e di continuare la sua incessante predicazione. L’ultima tappa di questa missione fu proprio Amiens, ove ricoprì la funzione di vescovo a lungo e con molto successo, testimoniato dalla conversione di un largo numero di nobili locali, tra i quali anche Faustiniano, un senatore dal quale discenderebbe l’altro San Firmino, quello celebrato il 1° di settembre.
Proprio il grande successo del suo operato ebbe però come contropartita la riapertura delle ostilità da parte delle autorità e a farsi strumento di questa rinnovata attenzione furono due magistrati, Sebastiano e Longulo, i quali non ebbero esitazione alcuna a condannarlo a un periodo di detenzione, cui peraltro Firmino avrebbe potuto sfuggire abiurando. Ripetutamente invitato ad abbandonare la fede cristiana, Firmino si rifiutò di farlo e temendo una possibile reazione popolare fu giustiziato tramite decapitazione, avvenuta proprio all’interno del luogo di detenzione. Se il giorno è sicuramente stabilito nel 25 settembre, per quanto riguarda l’anno rimane imprecisato nel periodo tra il 290 e il 303.Il luogo in cui furono tumulati i suoi resti mortali rimase a lungo sconosciuto, venendo infine ritrovato grazie ad una visione di uno dei suoi successori, San Salvio, nel corso del settimo secolo. Le sue reliquie furono invece disperse in varie parti della Francia, in conseguenza della larga diffusione del suo culto, che interessò del resto anche la città natale di Pamplona e altre parti della Spagna. Se inizialmente la sua festa era celebrata il dieci di ottobre, nel corso del 1590 fu trasferita al sette di luglio, come avvenne peraltro per la Spagna. Va inoltre ricordato che a Pamplona, la sua festa durava ben otto giorni. È la stessa festa famosa in ogni parte del mondo per l’encierro, ovvero la corrida che ha come teatro le strade cittadine e nella quale i più coraggiosi corrono insieme ai tori, con logico corollario di feriti, spesso abbastanza gravi, prima dell’epilogo nell’arena. Papa Alessandro VII, nel 1657, lo proclamò patrono principale di Pamplona, onore condiviso con San Francesco Saverio.