Italia, Francia e Germania hanno firmato l’accordo Frontex Plus per accogliere i barconi di immigrati che attraversano il Mediterraneo per arrivare sulle coste del nostro Paese. L’iniziativa europea sostituirà l’operazione Mare Nostrum, avviata dal governo Letta dopo un cruento naufragio al largo di Lampedusa nel 2013. Il costo di Mare Nostrum, pari a 9 miliardi al mese, ha suscitato polemiche anche se le vite umane salvate sono state numerose. A differenza di Mare Nostrum, Frontex Plus non si spingerà più in acque internazionali ma si limiterà a quelle territoriali dei Paesi Ue. Ne abbiamo parlato con il professor Gian Carlo Blangiardo, demografo ed esperto di immigrazione dell’Università di Milano-Bicocca.
Come valuta l’accordo Frontex Plus siglato da Italia, Francia e Germania?
Da un certo punto di vista l’accordo Frontex Plus è un passo avanti, ma dall’altra è anche un passo indietro. La collaborazione degli altri Paesi Ue è sempre stata richiesta, anche perché la spesa per l’operazione Mare Nostrum era piuttosto consistente. Il fatto che ci sia un aiuto da parte degli altri grandi Paesi Europei è sicuramente un elemento da vedere con soddisfazione, sempre che ci sia il contributo necessario in termini di risorse e di uomini.
Perché prima diceva che l’accordo da un certo punto di vista è anche un passo indietro?
Perché la scelta di limitare la zona d’intervento alle acque territoriali ripropone gli stessi problemi che c’erano in precedenza. Prima dell’operazione Mare Nostrum, la Marina italiana attendeva che i barconi arrivassero a Lampedusa, ma un gran numero si perdeva strada facendo con tutte le conseguenze che ciò provocava. Questo aspetto può comportare un problema in termini di maggior numero di vittime, perché in un percorso più lungo e senza aiuti aumenterà i barconi che affondano. Ormai si è consolidata anche una consuetudine, per quanto malsana, tale per cui gli stessi traghettatori, convinti che qualche chilometro più in là c’è la Marina italiana che interviene, fanno partire le “carrette” che poi si sciolgono strada facendo.
Ritiene che il sistema con cui la Spagna affronta i problemi dell’immigrazione sia più avanzato del nostro?
Il sistema in sé non è più funzionale di quello italiano, anche se la Spagna è più periferica e raccoglie provenienze più marginali di quelle che si trova ad affrontare l’Italia. In pratica si tratta di imbarcazioni che salpano dal Marocco e che provengono dalla sponda atlantica dell’Africa sub sahariana, da Paesi come Mali, Senegal e Niger, che però non sono serbatoi enormi. Quanti provengono dalla Nigeria invece, l’altro Paese di grande emigrazione, seguono una direttrice più centrale e si imbarcano quindi non in Marocco ma in Libia o Tunisia per poi arrivare in Italia.
Il grande flusso di immigrati nei prossimi mesi arriverà in Italia dal Nord Africa o dal Medio Oriente?
L’immigrazione mediorientale è più legata alla situazione della Siria, dell’Iraq e in parte dall’Afghanistan. E’ un fronte che rimane vivace, anche se il serbatoio potenziale di milioni di immigrati è rappresentato dalla fuga per motivi economici dall’Africa Sub sahariana. E’ quest’ultima a premere, e che in futuro ci porterà i maggiori flussi migratori.
Una volta siglato Frontex Plus, che cosa dovrebbe fare ancora il governo italiano?
Il governo italiano dovrà curare l’applicazione degli accordi in modo corretto ed efficace, riuscendo a gestire flussi importanti attraverso le forme di aiuto e collaborazione nel rispetto di determinati criteri e principi umanitari. Questi ultimi dovranno essere seguiti, evitando però di creare un “ponte di passaggio” lungo il territorio italiano. Il governo dovrà cioè riuscire a essere rigoroso nell’attività di controllo e di verifica delle reali condizioni che spingono la gente a muoversi, accogliendo chi ha diritto e non incentivando chi non lo è.
Con i nuovi sbarchi aumenta il rischio terrorismo?
I grandi numeri sono naturalmente più a rischio dei piccoli. E’ evidente che tra i 115mila immigrati arrivati in Italia ci sarà qualcuno che non è un classico sbarcante, ma che ha ben altri obiettivi. Ci vorrà quindi maggiore attenzione, anche perché i grandi numeri a volte rendono più difficile l’attività di controllo e di verifica di determinati aspetti. Non va dimenticato infatti che tante volte chi arriva poi riesce a fuggire dai centri di prima accoglienza.
(Pietro Vernizzi)