Ieri era il 4 settembre e se per te era un giovedì qualsiasi, vuol dire che non sei un quindicenne da un pezzo. Perché ieri usciva nelle sale Colpa delle stelle, che era un libro ma adesso è anche un film doppiato in italiano: 347 pagine di libro che Alice, la figlia dei miei amici, ha letto in due giorni. Una quindicenne che alla domanda “come è andata a scuola?” risponde “bene”, a “cosa avete fatto?” dice “nulla”, e se le dai un libro mormora “poi lo leggo” senza alzare gli occhi dal cellulare. Quella quindicenne ha letto in due giorni 347 pagine, e non solo una volta o due ma tante, e ieri è corsa al cinema a vedere un film che sa già a memoria perché l’ha scaricato almeno un mese fa, e spera solo di non essere troppo delusa dal doppiaggio. Che succede? cosa racconta? Si parla d’amore ma intrecciato alla morte e non sono l’eros e il tanatos dei nostri studi classici. Non è Giulietta e Romeo in nativo digitale. Non è la storia d’amore col principe azzurro che ti porta via perché qui il principe azzurro non abita in un castello ma entra ed esce dall’ospedale, e gli occhi non ce li ha azzurri ma uno gli manca e l’altro lo perderà. E non ti porterà da nessuna parte perché dove va lui tu, ora, non andrai, ma dopo sì, quando morirai.
Qui non c’è un amore che finisce con la morte, qui c’è un amore che con la morte inizia. Qui la morte e l’amore nascono insieme e camminano insieme. Qui la morte non è l’epilogo tragico ma il sapore dolce e iniziale dell’amore. Gli adolescenti ci stanno dicendo qualcosa, e forse è venuta l’ora di alzare le antenne. Non è vero che non leggono. Non è vero che non amano. Non è vero che non tengono a nulla. Non sono vere un sacco di cose che pensavamo vere. Ma come, i giovani d’oggi non sono quelli di youporn e i filmetti sul cellulare? Per nulla. Qui c’è una scena di sesso brevissima che non è per nulla il perno del film. Il centro, invece, è che sono costretti a innamorarsi di una persona che muore perché l’amore esiste solo se c’è un “per sempre”, e la morte – ormai – è l’unico “per sempre” rimasto.
Quando noi avevamo quindici anni scrivevamo che l’amore è per sempre, ed avevamo ragione perchè l’amore è fatto così, non lo puoi cambiare, e se lo cambi non è più amore. Però dagli anni 70 ad oggi, legalmente, l’amore non è più per sempre: ma le leggi non possono nulla contro il cuore di una quindicenne.
Così anche oggi, se ami, ami per sempre: anche se non ci credi, anche se ti hanno educato al contrario, anche se sei circondato da amori infranti, anche se tutti ti dicono che il “per sempre” nell’amore non esiste. Anche se è così, Alice, se ama, ama infinito.
Gli adolescenti sanno amare e sanno che è per sempre ma non hanno le parole perché non gliele abbiamo dette più, perché abbiamo raccontato loro un’altra storia e abbiamo detto loro che il “per sempre” non c’è più neanche nelle favole. Allora cosa fanno? Una storia in cui la morte non è più quella dei draghi ma è quella vera: della malattia senza metafora. Così se tu, grande, l’amore me lo racconti senza il “per sempre”, allora oggi il romanzo top dell’amore, nel cuore di una quindicenne è l’amore tra due moribondi. La morte diventa il criterio di discernimento della vita. I nostri adolescenti – diversamente dagli adulti eterni adolescenti – si sono già accorti che si vive solo una volta. E quel vivere una volta sola fa sì che le cose divengano uniche. Così, la morte è una sapienza nella vita perché ce ne parla come il concavo parla del convesso. Bella, poi, l’idea di mettere la sala delle riunioni del gruppo di sostegno dei ragazzi malati proprio sotto il centro della chiesa, lì dove si intersecano a croce le navate. Chissà cosa vuol dire.