Condannata in primo grado a 25 anni di carcere per la morte del figlio Jason. Gli avvocati difensori di Katia Reginella hanno ora presentato ricorso in appello contro la sentenza con l’intenzione di dimostrare l’infermità mentale della donna. Come si sa, nel 2011 la donna e il marito furono coinvolti nella morte del figlio Jason, dopo aver cercato di nascondere il fatto. L’uomo, Denny Pruscino, è stato condannato all’ergastolo. La triste storia prende spunto in un ambiente disadattato: altri due figli sottratti alla coppia per maltrattamenti, la stessa Katia vittima di violenze sessuali in famiglia sin da quando aveva 8 anni di età. Proprio su questo aspetto vuole fare presa la difesa, “affetta da ritardo mentale congenito, vittima di gravi violenze subite già dall’infanzia e in seguito da parte del marito Denny Pruscino” viene detto. Dunque una persona incapace di intendere e di volere, infermità mentale riconosciute da tre diversi periti durante il processo, ma di cui i giudici non hanno tenuto conto sottoponendola, si dice ancora, invece a interrogatori-tortura. “Una vera e propria metamorfosi processuale al punto da trasformare una povera giovane, affetta da ritardo mentale congenito, vittima di gravi violenze e traumi subiti sin dall’infanzia, nella “scellerata assassina” del proprio figlioletto” dice la difesa. Il corpo del bambino non venne mai trovato.



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