COLOMBO (SRI LANKA) — Ventuno salve di cannone e gli onori militari, per l’ospite più atteso. Nell’aeroporto internazionale di Colombo, scintillamente bardato come un circo a cielo aperto, si esibisce il nuovo presidente dello Sri Lanka, Maithripala Sirisena, al debutto sulla scena internazionale. Accoglie in maniera inaspettata e insperata il pontefice romano, in visita apostolica in Asia. Guerrieri cingalesi con scudi roteanti e larghi pantaloni bianchi, bambine dalle trecce lunghe, corpi militari in alta uniforme, persino 40 elefanti coperti di velluto e oro, oltre ad una folla coloratissima e festante, pronta ad incoronare Papa Francesco come star internazionale.
Atmosfera esotica e straniante per Bergoglio in arrivo, dopo un lungo viaggio e una notte troppo breve, nel paese dalla bellezza splendente e afosa, dall’Europa ancora sconvolta dai fatti di Parigi. Il neo presidente, eletto per un soffio la settimana scorsa, dopo una campagna elettorale aspra e incerta, è visibilmente emozionato. In un inglese stentato offre il benvenuto al pontefice inghirlandato, che nel primo discorso offre subito la chiave di lettura di una visita che cade 20 anni dopo quella del suo predecessore, Giovanni Paolo II, in un momento cruciale per la democrazia del paese. Un invito alla pacificazione dello Sri Lanka, che per molti anni ha conosciuto gli orrori della guerra civile e che ora cerca di consolidare la pace e curare le ferite. Riconciliazione, solidarietà e pace, ha chiesto Bergoglio, insieme alla verità sul passato, mezzo necessario per promuovere la giustizia e l’unità.
Nel paese degli scontri violenti tra singalesi e tamil, tra buddisti, la maggioranza religiosa, e indù, il Papa ha incoraggiato uno sforzo per ricostruire il tessuto sociale, rispettando le legittime diversità e imparando a vivere come in famiglia. Il diverso non è una minaccia, va ripetendo da mesi, e ieri mattina ha recitato il mantra che troppi in Occidente vorrebbero azzerare. Il punto è che per Francesco non si tratta di retorica rassicurante, ma dell’unica via possibile per una convivenza scevra da ogni violenza. Lo Sri Lanka è ad un banco di prova, e dopo anni di confronto drammatico tra le due etnie prevalenti, dai numeri enormemente sbilanciati (75 per cento i singalesi e solo il 15 per cento i tamil), si è aperta la sfida della riconciliazione nazionale. E in campo ci sono le fedi che in passato non hanno proprio dato il meglio di sé, accettando di fornire facili alibi agli scontri tra le Tigri tamil e le spietate milizie di Colombo. Massacri, deportazioni di massa, strupri e assassinii di stato hanno costellato gli ultimi terribili anni di guerra civile e ipotecato una pace mai effettivamente sancita, minata da attacchi terroristici efferati.
La Chiesa cattolica, esigua minoranza schiacciata da questa situazione, ha una responsabilità enorme, testimoniare — come ha ricordato ieri Francesco — che “le tradizioni religiose hanno un ruolo essenziale nel processo di riconciliazione e ricostruzione del paese” ed essere allo stesso tempo ponte tra etnie da sempre in lotta. Spettacolare, a questo proposito l’incontro religioso tenutosi al termine della prima giornata asiatica di Bergoglio, al Bandaranaike Memorial International Conference Hall. Su un palco rosso fuoco, dove in triangoli ambigui comparivano i simboli delle fedi presenti, si sono ritrovati buddisti e induisti, musulmani e cristiani. Francesco al centro tra i rappresentanti delle due religioni maggioritarie, eternamente contrapposte. Disposto a farsi avvolgere dallo scialle arancione del clero induista, il Golden Showal, segno di massimo rispetto riservato agli uomini di riguardo, ma anche ad ascoltare i monaci dal cranio rasato e la spalla scoperta impegnati in riti di benedizione incomprensibili. Un Papa capace di parlare ad una platea dai toni caldi e dagli animi decisamente poco distaccati, di dialogo e collaborazione. Di identità e stima reciproca, di cooperazione e amicizia.
Non predica uniformità Francesco, appiattimento infecondo, ma consapevolezza della propria storia e delle irrinunciabili tradizioni, spurgate da ogni germe di violenza o guerra. Nessun equivoco, spiega, ma dare ai credenti delle diverse fedi la possibilità di vivere pienamente i precetti di pace e convivenza presenti in ogni religione. Non male per il primo giorno in un paese in cui, fino a pochi anni fa, il sangue macchiava le vesti sacre dei monaci.
Alla fine l’immersione nella caotica vita di Colombo: 38 km di percorso sotto il sole cocente e una festa ininterrotta di popolo e bandiere.