Dati alla mano, è una decisione incomprensibile. Non sono bastate settimane di giustificate polemiche e un’interrogazione parlamentare per convincere il ministero della Giustizia a confermare la gestione delle cucine di dieci carceri italiane alle cooperative che garantiscono lavoro ai detenuti. Saranno proprio questi ultimi a restituire domani le chiavi delle cucine che torneranno in mano all’amministrazione penitenziaria, proprio come avveniva prima del 2004 quando il Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap) fece partire la sperimentazione. C’è chi dice che non cambierà niente, ma non è così: nella maggior parte dei casi tanti detenuti, regolarmente assunti dalle cooperative, verranno licenziati con conseguenze immaginabili. Niente più soldi per mantenere la propria famiglia o per pagare le tasse. Inoltre, ricorda Nicola Boscoletto, presidente della Cooperativa Giotto, “chi sconta la pena vegetando per anni tra noia e ozio nel 68% dei casi torna a delinquere, invece dove ai detenuti si dà lavoro vero la recidiva crolla al 2%”. Doloroso il commento di Luca Passarin, del Consorzio Giotto: “Stamattina ho firmato le sedici lettere di licenziamento per i cuochi, e posso assicurarvi che ho firmato sedici condanne”. Una flebile speranza rimarrà fino al 21 gennaio, quando il nuovo capo del Dap, Santi Consolo, incontrerà nuovamente le cooperative coinvolte.



Leggi anche

Omicidio Sharon Verzeni, come Moussa Sangare si è tradito in caserma/ Gip: "Arma sepolta per uccidere ancora"Maxi furto di farmaci oncologici a Napoli per 700.000 euro/ L'ipotesi: "Sono per i boss mafiosi"