MANILA — Il Papa è in volo verso Manila, seconda tappa di questa sua cavalcata asiatica e Colombo inizia a metabolizzare l’impatto emotivo e politico della presenza del pontefice. L’oltre mezzo milione di persone nel parco urbano di Galle Face Green meritano una riflessione oltre i confini dello Sri Lanka: una folla enorme di cattolici, buddisti e induisti addossati sul litorale oceanico per partecipare, con Papa Francesco, ad un grande rito collettivo. 



Si canonizzava il primo santo dello Sri Lanka, padre Giuseppe Vaz, oratoriano di origini portoghesi arrivato da Goa, in India, tra il XVII e il XVIII secolo, quando l’isola di Ceylon era sotto il dominio calvinista. Un clandestino, che in epoca di persecuzione per i cattolici osò sfidare gli olandesi nei panni del mendicante per incontrare in segreto i fedeli. Un grande uomo, che attraverso la carità, in particolare verso gli infermi durante l’epidemia di vaiolo a Kandy, si conquistò il permesso del re ad evangelizzare altre zone dell’attuale Sri Lanka. 



E’ stata l’occasione, per Papa Francesco, di rivendicare il diritto alla libertà religiosa. La chiesa non chiede altro che portare avanti la sua missione, ha spiegato Bergoglio durante l’omelia, tradotta poi a singhiozzo in tamil e singalese. Padre Vaz, missionario in un epoca travagliata quanto quella attuale per la regione, è stato indicato da papa Francesco come modello di una chiesa che non fa distinzione di razza, credo o appartenenza tribale, pronta a testimoniare l’amore misericordioso di Dio e a favorire la riconciliazione tra i popoli. Una lezione per tutti, come universale è il diritto a cercare la verità ed esprimere la propria convinzione religiosa senza costrizioni o intimidazioni esterne. 



C’è da chiedersi quanto la questione stia a cuore all’Europa che continua ad interrogarsi su quali libertà puntare per preservare se stessa e la sua millenaria cultura. Dopo Je suis Charlie il dibattito sulla libertà di espressione impazza, le matite sono diventate il simbolo di un costume continentale, ci si chiede se e quanto le conquiste illuministe terranno alla pressione violenta e fondamentalista di un universo in ebollizione. Dalla prospettiva decentrata dell’angolo asiatico la vicenda assume un altro spessore. Non siamo alla prese con un islam minaccioso in Sri Lanka, ma anche qui la contrapposizione etnica e religiosa, in particolare tra singalesi e tamil, ha creato frizioni sfociate in bagni di sangue. Non uno scontro di civiltà, ma di tradizioni. Buddisti contro indù, maggioranza verso minoranza. 

La via indicata da Papa Francesco in questi primi giorni asiatici potrebbe già fornire una soluzione alla meditabonda Europa. Le fedi come barriera contro il fondamentalismo piuttosto che detonatori di esplosioni sanguinose. Ai cristiani la raccomandazione di Bergoglio di offrire le bellezze del vangelo in un contesto multi-religioso, con rispetto e dedizione, perseveranza ed umiltà. Agli altri l’invito a spurgare di ogni germe di violenza il proprio credo. 

Ho cercato di verificare se il messaggio di Papa Francesco tiene alla prova dei fatti. Ho varcato a piedi scalzi il Gangarama Temple, il più importante e conosciuto tempio buddista del paese, tra la residenza presidenziale e il gabinetto del primo ministro, luogo di passaggio, a Colombo, dell’élite governativa srilankese. La comunità buddista, la più influente e maggioritaria, conta veri e propri centri di cultura e di potere, determinanti nelle dinamiche della nazione. Mi sono trovata in un cortile dominato dall’imponente Chaittaya, il reliquiario sacro, intorno a cui ruotano strutture coloniali con 200 anni di storia. Ci vivono 9 monaci capeggiati dal carismatico e dinamico Galboda Gnanissara, il più autorevole interprete del buddismo theravada dello Sri Lanka, la corrente ortodossa della religione praticata da oltre il 70 per cento della popolazione. Tra statue sacre, rappresentazioni di Buddha, vetrine con cimeli, il primo ascensore della città e uno dei 40 elefanti che hanno accolto all’aeroporto il Papa, si srotola la storia di una comunità che condiziona la vita del paese, protagonista con altri dell’incontro interreligioso al Bandaranaike memorial. 

Ho scoperto, parlando con monaci arancio-vestiti, che il messaggio di pace e riconciliazione di Francesco ha convinto i leader delle componenti etniche e religiose dello Sri Lanka, ma anche i fedeli comuni. Aruna, uno dei monaci del tempio, mi ha parlato di Bergoglio come dell’uomo più puro e onesto che abbia mai conosciuto, dicendo che è rimasto colpito dal fatto che non solo crede in Dio, ma che mostra di credere soprattutto nell’uomo. Da dove nasca questa fiducia nell’umanità, noi possiamo ben intuirlo, mentre è legittimo e persino naturale che ad un buddista sfugga. Ma gli acuti osservatori sono andati dritti al cuore della faccenda. Il sacro è uno spazio di garanzia, non una minaccia, ciò che definisce l’uomo è ciò in cui crede, l’ideale per cui è disposto a morire. Ora mi pare evidente che non possa essere solo una matita. O no?