C’è chi si è scandalizzato della frase rilasciata da papa Francesco mentre si stava recando nelle Filippine, parlando con i rappresentanti della stampa: se uno mi offende la madre, gli do un pugno. Dov’è finita la tenerezza e l’evangelico porgi l’altra guancia? Probabilmente a queste persone è sfuggito il temperamento tipicamente latino, cioè spontaneo e fuori dalle righe di Bergoglio, tanto da prenderlo sul serio: ce lo vedete un papa che tira pugni? Il riferimento era, come si sa, al giornale satirico Charlie Hebdo, di moderare cioè i toni per non offendere la fede e la religione delle persone. C’è chi invece ha visto nel temperamento del papa lo stesso temperamento sanguigno di don Camillo, il celebre sacerdote uscito dalla genialità di Guareschi che non si faceva problemi a menare le mani, anche se poi chiedeva perdono a Gesù. Per Egidio Bandini, il massimo conoscitore dell’opera dello scrittore emiliano, si tratta di una frase, quella del papa, che certamente ricorda l’irruenza di don Camillo, ma, aggiunge, “d’altro canto se Gesù cacciò i mercanti dal tempio a calci, potrebbe farlo anche un papa, in fondo”.
Che ne pensa dell’accostamento fra Bergoglio e don Camillo che ha fatto qualcuno?
Certamente, a livello di irruenza quanto detto dal papa fa venire in mente don Camillo, che era un sacerdote decisamente sanguigno. Viene in mente il racconto di quando Peppone confessa a don Camillo di essere stato lui a pestarlo intanto che aveva le uova nella borsa, e don Camillo gli rifila una pedata nel sedere.
Ma fa bene un prete a fare così? Qualcuno si è scandalizzato di quella battuta del papa.
Diciamo intanto che il paragone funziona per don Camillo e non molto per Guareschi. Anche se la frase del papa va colta appunto come una scherzosa battuta, e non certo come segno di odio, l’unica volta che Guareschi espresse odio nei confronti di qualcuno fu quando dal ministero arrivò il diploma di benemerenza alla madre quando lei era già morta. Lui scrisse a questo funzionario statale che aveva inviato in ritardo il diploma: se anche questo ha tolto un sorriso agli ultimi minuti di mia madre il mio odio ti inseguirà fino alla fine del tempo.
C’era di mezzo una madre anche qui…
Infatti, anche questo ci sta, era una offesa alla madre. Però Guareschi era anche quello che scrisse, tornato dal lager nazista, che per lui era stato tutto una banalissima storia “nella quale ebbi il peso di un guscio di noce nel mare in tempesta, e dalla quale esco senza nastrini e medaglie, ma vittorioso, perché nonostante tutto e tutti io ne sono uscito senza odiare nessuno”.
A chi dice che il papa ha dimenticato il detto evangelico di porgere l’altra guancia cosa direbbe invece?
Che ci mancherebbe altro! Pensare che il papa abbia dimenticato il vangelo? D’altro canto anche Gesù quando ha cacciato i mercanti è andato giù pesante e se lo ha fatto Gesù lo può fare anche il papa.
E’ sorpreso che ci sia ancora gente in questo mondo dei social network che tira fuori un personaggio come don Camillo?
No, dà invece la misura della sua attualità soprattutto nei valori che rappresenta, al di là di questi comportamenti sanguigni che sono lontani milioni di luce dall’oggi, ma assimilabili. Viene dimostrato che quei valori rimangono di estrema attualità anche e soprattutto in questi frangenti drammatici perché poi nessuno faceva del male all’altro, magari scappava qualche sberla o qualche pedata, ma tutto finiva lì, nonostante la realtà di quegli anni fosse molto diversa e ci fossero anche dei morti.
Guareschi a proposito dei suoi personaggi ha detto una volta che lo si poteva criticare per don Camillo o per Peppone, ma quello che diceva Gesù era la voce della sua coscienza.
Ricordo che all’epoca in cui venne girato il primo film fecero un incontro a Reggio Emilia voluto dal Pci per discutere appunto del film e un cronista dell’Unità scrisse: state attenti perché Peppone non è un comunista, Peppone è Guareschi. E lui dalle colonne del Candido rispose: ha perfettamente ragione, non solo Pepppone è Guareschi, don Camillo è Guareschi, ma anche Cristo è Guareschi.
Guareschi era anche lui vignettista satirico: oggi avrebbe difeso Charlie Hebdo?
Ci dica.
Nel 1947 successe che i comunisti devastarono la redazione di un giornale, Il Mattino d’Italia, anche se non ci fu per fortuna nessun morto. Bruciarono tutta la carta della tipografia e minacciarono i giornalisti perché non uscisse più il giornale. Su quell’episodio, che non era certo l’unico del genere, Guareschi pubblicò una vignetta dove si vedevano i trinariciuti attaccare un cuoco a un’edicola e la battuta era: “contrordine compagni occorre fermarsi il volantino contiene un errore di stampa, quindi va letta appiccare il fuoco all’edicola”. Ha irriso con l’umorismo questo modo di fare violento. Ma la libertà di stampa l’avrebbe difesa sempre, è anche andato in galera per quella.
(Paolo Vites)