MANILA  —  E’ francescomania. Manila è completamente rapita dal fascino di Bergoglio, e l’attesa spasmodica della vigilia si è trasformata in una inebriante follia collettiva, capace di unire giovani e anziani, uomini e donne, poveri e ricchi. Tutti in strada, arrampicati sui semafori, a cavalcioni degli spartitraffico, su balconi e tetti, costretti dalle transenne, in attesa fino a 18 ore pur di scattare un foto “all’oggetto del desiderio”, Papa Francesco. Può scivolare via in un secondo, a bordo della papamobile, ma quell’istante riempie di felicità chi potrà dire di aver visto il pontefice dal vivo. C’è chi azzarda la cifra di 2 milioni: tante sarebbero le persone che popolano costantemente gli itinerari lungo cui si snoda il corteo papale nella metropoli asiatica. Una marea che ad ondate popola le zone calde della città e che di fatto la paralizza. Il delirio Francesco è diventato persino materia per esorcizzare, attraverso un umorismo garbato, del genere che piace a Bergoglio, il rischio reale di rimanere incastrati dal traffico impazzito a causa di strade chiuse e non programmate barriere umane. 



Il Philippine star, il principale quotidiano in lingua inglese di Manila, è arrivato a proporre vie, tutte metaforiche, per sopravvivere alla visita papale. Dal lasciare la propria casa tre ore prima del solito all’evitare a tutti i costi il centro, dal pregare per i peccatori, che tanto non si può far altro immobilizzati nel traffico, al cantare la hit sacra della locale star, Jamie Rivera, dal titolo “siamo tutti figli di Dio”, se si è incastrati in un ingorgo ad alto rischio rissa. 



Insomma la visita di Francesco come l’Apocalisse e il trionfo dell’irrazionalità. Eppure all’osservatore occidentale dal cuore incartapercorito i chilometri di umanità, tenuta a bada da una fila infinita di militari e poliziotti, commuove. E’ popolo, semplice, palpitante e innamorato. E’ vita e desiderio allo stato puro. La stessa vita di cui traboccava ieri il Mall of Asia Arena, lo stadio indoor in cui si è tenuto l’incontro del pontefice con le famiglie filippine. “Il futuro dell’Asia è qui, la giovinezza della Chiesa è qui” aveva confidato il Papa al card. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, prima dell’ultimo appuntamento di una giornata in crescendo, in cui Francesco aveva progressivamente cercato la via per arrivare al cuore del popolo filippino. E senza dubbio la folla di mamme, papà, nonni e bambini nel tempio dello sport di Manila, è stata conquistata definitivamente da quanto il Papa ha detto e fatto dopo aver ascoltato i vissuti di famiglie gravate da povertà, disabilità, crisi economica.

Aveva preso il testo preparato ma poi si era trascinato accanto Mons. Milles, il suo insegnante di inglese. E lì si è compreso che avrebbe regalato qualche emozione. In pratica il più importante e completo discorso sulla famiglia dall’inizio del suo pontificato. Per tutta la riflessione non ha fatto altro che offrire un contrappunto al testo predisposto con parole a braccio, un mix irresistibile di spagnolo e inglese, che ha mostrato tutto lo straordinario spessore pastorale di Bergoglio.  Tra aneddoti autobiografici e consigli da nonno, ha offerto materia per zittire qualsiasi voce critica sulla sua presunta allergia alle tematiche di frizione tra Chiesa e modernità: vale a dire vita e famiglia. 

Prendendo a modello il San Giuseppe dormiente, la cui statua abita il suo studio da pontefice, ha parlato della necessità di trovare il tempo per riposare e ascoltare la voce di Dio. Bellissimo l’invito alle mamme e ai papà a non dimenticare i nove mesi passati ad immaginare il proprio bambino, l’incoraggiamento a non smettere mai di sognare. Ma anche il suggerimento di rimanere fidanzati per sempre, alle tante coppie presenti, a non perdere, per la strada faticosa del matrimonio, il fascino del colpo di fulmine. E ancora la commozione improvvisa al ricordo dei bambini di strada, quelli che aveva abbracciato, tra le lacrime, a sorpresa, nella mattinata. E poi la richiesta, ferma, di tutelare la vita, dal concepimento fino alla morte naturale, e proteggere la famiglia dalla colonizzazione ideologica che tenta di distruggerla. Quasi un colpo di genio, pastorale ed ecclesiale, il ricordo di Paolo VI, pontefice di riferimento per Francesco, uomo coraggioso che con la sua enciclica, la discussa Humanae vitae, profetizzò la minaccia di un mondo senza figli in un tempo di grande preoccupazione per la crescita demografica. Un discorso che occorrerà meditare a lungo. E non solo nell’arcipelago filippino.