Un Papa che parla “ad ala variabile”. Come quegli aerei le cui ali possono variare l’angolo a seconda che debbano portare più carico a velocità più basse, oppure essere più leggeri e correre di più. Quando il Papa parla delle famiglie numerose e di che dono siano esse e i loro figli (udienza generale mercoledì 21 gennaio), non ha senso scrivere che il Papa ha aggiustato il tiro, che si è spiegato meglio, rispetto a quando mi ha parlato col linguaggio di Francesco De Gregori in Generale dicendo “non è vero che per essere buoni cattolici, bisogna fare figli come conigli” (Volo dalle Filippine). Non c’è un Papa che suona una volta una musica e un’altra volta “un’altra musica”: c’è un Papa che sa parlare perché è la Verità in dialogo verso Emmaus.
La Verità che non è un viandante solitario o un maestro dell’antica Grecia e gli altri lo seguono. È una verità che incontra. Una verità che non è solo risposta ma anche domanda, che sa chiedere tu cosa sai? tu cos’hai capito? E da lì, da chi sei, parte e ti porta con sé.
Quando Papa Francesco ci invita ad andare alle periferie, non è solo un cambiamento di paesaggio e di compagnia ma anche di linguaggio. Quando inizia a parlare non sappiamo come saranno le ali: se volerà basso o volerà alto. Per questo i cattolici si devono attrezzare: l’ala variabile serve anche a chi ascolta. Se il Papa parla della famiglia da valorizzare, da custodire, preziosa risorsa, al Consiglio d’Europa e poi dice «se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?» (volo da Rio de Janeiro) è sempre lo stesso Papa, lo stesso Pietro, che parla di ciò che vive: ma con la sua vita.
Che non è solitaria ma è con quelli con cui parla e di cui si sente, perché lo è, pastore e padre. E allora parla di ciò che gli chiediamo e ci dice la sola verità che sa, in un modo che poi si riesca non solo ad ascoltarla ma anche a viverla. Non vuole che ascoltiamo il Papa per sentire l’eco di ciò che già sappiamo. Per vederci allo specchio e rimirare l’immagine di ciò che siamo diventati, ma che lo ascoltiamo davvero. Che ascoltiamo quello che dice, non quello che non dice o quello che avrebbe dovuto dire.
Quando parla di paternità responsabile e riesce a far piacere a tutti l’Humane Vitae chiarisce in maniera inequivocabile che la responsabilità dei figli ce l’hanno i genitori, cioè non c’è un criterio univoco per stabilire qual è il numero di figli ideale. È negare l’assioma “i buoni cattolici sono quelli che fanno tanti figli”: un asserto che, semplicemente, non è cattolico perché cattolica è la paternità responsabile.
Certo, un Papa “ad ala variabile” richiede ai cattolici un lavoro che i cattolici non hanno mai fatto ascoltando un Papa: devono saperlo ascoltare e capire. Questo è il prezzo che dobbiamo imparare a pagare tutti se vogliamo che il Papa parli con tutti, non solo coi cattolici. Se la mamma dice a Pierino “ti sta bene” perché ha preso un brutto voto a scuola e lei gli aveva detto di non perdere tempo coi videogiochi, quel “ti sta bene” è profondamente diverso da quello che dice il ragazzo alla propria ragazza che vede arrivare con un vestito nuovo.
Testo e contesto: ecco il lavoro che il cattolico deve saper fare oggi. Fino a Papa Francesco il contesto nel quale venivano pronunciate le parole dei papi era quello noto, quello dei cattolici, quello che il mondo cattolico conosceva. Ora, il contesto cambia di volta in volta e bisogna che il cattolico che ascolta il Papa sappia cambiare. Ecco il motivo per cui Papa Francesco può essere interpretato male mentre agli altri Papi questo non accadeva mai. Ed ecco la ragione per cui, per l’attuale Vescovo di Roma, la Verità non è mai una verità blindata, cioè impermeabile ad altri incontri successivi. Quella lui la chiama “ideologia” e la condanna. Sia che venga dal mondo laicista che da quello cattolico.