La relazione al Parlamento europeo sulla parità uomo-donna presentata dall’europarlamentare belga Marc Tarabella, del gruppo socialista, ripropone — con una tenacia ed una continuità degne di miglior causa — una triste modalità di contaminare principi e pronunciamenti virtuosi e condivisibili con l’introduzione di punti consapevolmente controversi, che così vengono “fatti passare”, nella loro unilateralità ed ideologia, all’interno di una più ampia riflessione.
E’ il caso della parte di relazione — condivisibile su molti altri punti — in cui si chiede di affermare una sorta di “diritto all’aborto”, tema che ha ben poco a che fare con la parità, ma che ovviamente intende introdurre nel dibattito un punto controverso, che peraltro, in più, è esplicitamente al di fuori delle titolarità e delle competenze comunitarie, ma è esplicitamente rinviato alle legislazioni nazionali.
Non nascondiamoci dietro un dito: il tema dell’aborto è questione dolorosa, in cui a livello europeo e mondiale, e all’interno di ogni contesto nazionale, esistono drammatiche differenze di orientamento, che non interessano solo le élites parlamentari o delle alte Corti di Giustizia, ma piuttosto attraversano il sentire comune delle popolazioni, colpiscono al cuore i valori e le scelte di vita di tutte le persone, dei cittadini, che sono poi i titolari della sovranità. E su un tema così controverso è tempo che le lobbies rispettino le regole, e che smettano di voler condizionare con pronunciamenti normativi approvati a colpi di maggioranza la libertà di scelta delle persone.
Nello specifico, tocca alla legislazione nazionale decidere sull’aborto; noi italiani ne sappiamo qualcosa, e nel nostro Paese è in vigore una dolorosa legge che consente l’interruzione volontaria di gravidanza — e io rimango decisamente contrario a questa legge, che comunque è regolata a livello nazionale, pone alcuni limiti, è esito di un ampio confronto e scontro a livello nazionale, in Parlamento, nel Paese, con un referendum. E adesso l’europarlamentare Tarabella pretende di introdurre, via Europa, nel nostro Paese un mai legittimato “diritto all’aborto”, attraverso un pronunciamento a livello di Parlamento europeo, all’interno di un documento che tratta ben altri temi? In più, all’interno di un Parlamento che ha proprio tra le sue regole fondative di non intervenire sul tema dell’aborto, perché — appunto — spetta alle legislazioni nazionali?
Non ci sto, e non ci stanno tanti cittadini ed elettori europei, che in pochi giorni hanno inviato, grazie al prezioso lavoro della Fafce (la federazione europea dell’associazionismo familiare cui aderisce anche il Forum italiano delle associazioni familiari) alle istituzioni europee oltre 50mila firme, per chiedere di non approvare questo specifico punto.
Ma i due terzi della Commissione sui diritti della donna del Parlamento europeo il 20 gennaio hanno comunque adottato la relazione sulla parità tra donne e uomini nell’Unione europea nel 2013, e quindi anche questo specifico intervento. Non che questo mi sorprenda: siamo abituati — ma non rassegnati — a vedere che su certi temi la voce dei cittadini non viene ascoltata, e che le élites intellettuali, politiche, economiche ed amministrative dei grandi organi europei se ne infischiano del parere dei cittadini. Così è stato anche per la grande iniziativa popolare di “Uno di noi”, che ha portato alle istituzioni europee quasi due milioni di firme che chiedevano un atto di tutela della dignità dell’embrione, contro ogni sua manipolazione. Anche in quel caso la risposta è stata: ci pensiamo noi, il vostro punto di vista non ci interessa.
A questo punto ci rivolgiamo direttamente agli europarlamentari che rappresentano il nostro Paese, chiedendo loro di far rispettare davvero le regole europee, che fissano a livello nazionale la titolarità della regolazione giuridica dell’aborto, difendendo così la sovranità popolare del nostro Paese. Non ci piace l’Europa in cui pochi pensano di decidere arbitrariamente sulla pelle dei molti, perché hanno posizioni di potere, dimenticando che questo potere è stato loro affidato temporaneamente dalla volontà popolare. Vogliamo un’Europa plurale, dei popoli, che rispetti le diverse identità e i valori della gente. E la domanda si fa ancora più stringente per i membri italiani del gruppo politico di riferimento dell’europarlamentare Tarabella, il gruppo socialista, perché serve capire se anche loro considerano l’aborto un — per me falso — nuovo “diritto” a favore della donna, anziché un vero e proprio dramma, da evitare il più possibile come peraltro chiede proprio la nostra legge 194, che, ripeto, non condivido, ma che nella Prima Parte contiene molte indicazioni di tutela della donna e del nascituro, proprio ad esplicita prevenzione dell’interruzione volontaria di gravidanza. Ma è proprio la parte delle legge più disattesa.
Intanto, oltre che a farsi sentire con i politici europei, le nostre associazioni continueranno quell’oscuro e prezioso lavoro di ascolto di migliaia di donne e di coppie in difficoltà davanti alla gravidanza, per non lasciarle sole, e per consentire loro non un falso diritto ad interrompere la vita che portano in grembo, ma per aiutarle a sperimentare la gioia della maternità e l’entusiasmante esperienza del mettere al mondo una nuova vita. Senza lasciarle sole, offrendo loro un sostegno concreto per poter riscuotere un diritto — questo sì pienamente legittimo — di generare.