Nel giorno 25 Gennaio, il calendario liturgico della Chiesa Cattolica celebra la memoria della conversione di San Paolo, avvenuta in seguito all’incontro con il Cristo Risorto sulla via di Damasco. Il giorno seguente, 26 Gennaio, si ricordano invece due dei suoi più fedeli collaboratori, gli unici cui San Paolo indirizzò le sue lettere ad personam, e non ad un’intera comunità. Si tratta di san Timoteo e san Tito, i quali furono rispettivamente vescovo di Efeso e di Creta. Se del primo abbiamo molte più notizie, perché di lui si parla diffusamente negli Atti degli Apostoli, meno noto sulla vita di san Tito, ciò che è certo è che San Paolo amò questi discepoli teneramente, e che loro furono un valido e insostituibile supporto anche negli ultimi anni di vita del santo, prima che venisse martirizzato. San Timoteo era figlio di un’ebrea e di un pagano: probabilmente San Paolo lo conobbe che non era che un fanciullo a Listra, in Asia, intorno all’anno cinquanta. Il fanciullo era stato allevato dalla madre Eunice e dalla nonna Loide nella fede del Signore, e San Paolo decise di prenderlo con sé come compagno e sostegno nel suo viaggio apostolico. Prima però lo fece circoncidere, secondo la legge ebraica. Negli anni successivi, San Timoteo fu vicino a San Paolo in ogni suo viaggio, e talora fu mandato in missione per ristabilire l’ordine nelle nascenti comunità di cristiani. Tanto i due avevano carattere diverso, tanto dalle lettere di San Paolo si evince quanto egli fosse affezionato al giovane discepolo, che offrì un valido supporto evangelico, specie all’interno della Chiesa di Efeso. A lui indirizzò due lettere. Anche se non vi sono fonti certe, pare che San Timoteo fu accanto a San Paolo nella prigionia e negli ultimi giorni della sua vita, per poi ritirarsi ad Efeso. Morì nel 97, sotto l’imperatore Nerva, martirizzato con colpi di bastone e pietre, per essersi opposto a feste orgiastiche e scostumate. Le sue reliquie furono traslate a Costantinopoli, e in seguito trafugate dai crociati. Nel 1945, sotto l’abside del Duomo di Termoli fu rinvenuta una cassetta in legno su cui era scritto che all’interno erano conservati i resti di San Timoteo. San Tito invece era pagano; fu convertito e battezzato, ma non circonciso. Sembra che San Paolo volle effettuare questa distinzione tra i suoi due discepoli prediletti, lasciando che uno, Timoteo, fosse uomo di legge, ottemperando all’antico precetto di Mosè della circoncisione, mentre l’altro, Tito, fosse uomo di fede, il segno dei tempi nuovi del cristianesimo, per cui per conquistare il regno di Dio non c’è necessità di gesti meramente esteriori, ma della fede del cuore. A San Tito fu affidato il compito di rimettere pace nella comunità di Corinto, e in seguito fu a lungo a Capo della Chiesa di Cipro. A lui San Paolo indirizzò una lettera, che è la testimonianza più importante che abbiamo del fervente apostolato di San Tito. Le reliquie del santo furono conservate per un certo tempo nella Basilica di San Marco a Venezia, poi restituite ai fedeli di Cipro. San Paolo condusse con sé a Gerusalemme, all’incontro con gli altri apostoli, sia San Timoteo che San Tito, come ad effettuare un passaggio di consegne verso una nuova generazione di seguaci del Cristo, pronti a continuare l’opera di evangelizzazione e soprattutto di fondazione della Chiesa di Dio.