Nuova risposta dalla Procura di Bergamo alle dichiarazioni dell’avvocato Claudio Salvagni, legale di Massimo Bossetti, che poche ore fa aveva accusato il procuratore Francesco Dettori di non “ammettere gli evidenti e già acclarati errori compiuti”. La polemica nata in queste ore, replica la Procura in una nuova nota, deriva “da una confusione tra atto processuale e comunicato-stampa e relative modalità di redazione. Il linguaggio e lo stile del comunicato-stampa è stato volutamente scarno ed ispirato alla massima semplicità, chiarezza ed immediatezza comunicativa. Al di là della polemica medesima incentrata soltanto su meri aspetti terminologici, peraltro discutibili, e come tale sintomo di debolezza argomentativa, ciò che conta è il contenuto del comunicato ed il suo univoco significato, che vengono integralmente e pienamente confermati e ribaditi”. Insomma, Dettori ribadisce che secondo la Procura non ci sono dubbi che la traccia di Dna appartenga a Massimo Bossetti.



Prosegue il botta e risposta tra Claudio Salvagni, avvocato di Massimo Bossetti, e la Procura di Bergamo. Al centro della discussione c’è la prova del Dna, la cosiddetta “prova regina” contro il carpentiere accusato di aver ucciso Yara Gambirasio e in carcere dal 16 giugno scorso. Il suo legale ha infatti sostenuto nei giorni scorsi che il Dna mitocondriale di Bossetti non coinciderebbe con quello di Ignoto 1, cioè quello del killer, ma poche ore più tardi è arrivata la replica del procuratore Francesco Dettori secondo il quale “tale profilo è stato già oggetto di ampia e approfondita valutazione in sede di accertamenti tecnici, con i risultati ampiamente conosciuti e che tali evidentemente rimangono”. Salvagni è quindi nuovamente intervenuto sulla questione, spiegando che le affermazioni di Dettori “sono emblematiche delle difficoltà della Procura nell’ammettere gli evidenti e già acclarati errori compiuti”. Inoltre secondo l’avvocato non è chiaro “a quale profilo genetico Dettori si riferisca” nella nota diffusa di recente: se infatti la Procura si riferisce al Dna nucleare, allora “dimostra una non conoscenza degli atti, essendo ormai acclarato che detta attività si è svolta non con la forma dell’accertamento tecnico, ma con quella della delega di indagini”.

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