Il Gip di Ragusa, Claudio Maggioni, il 12 dicembre scorso aveva convalidato il fermo ed emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la mamma del bambino di 8 anni ucciso a Santa Croce Camerina, Veronica Panarello, ritenendo attendibile la tesi della Procura secondo la quale il bambino non sarebbe mai salito sull’auto della madre.
L’intera ricostruzione dell’accusa, infatti, è imperniata sulla certezza che il piccolo Loris Stival non fu accompagnato a scuola la mattina del 29 novembre, come invece affermato dalla madre, ma rientrò in casa intorno alle 8.30, dove fu successivamente raggiunto da lei e ucciso.
Secondo gli inquirenti, all’uscita di casa il bambino si sarebbe avviato verso l’auto, insieme al fratellino, ma un minuto dopo sarebbe tornato sui suoi passi per rientrare nel condominio con un mazzo di chiavi che gli avrebbe dato la madre. Dopo aver accompagnato il più piccolo alla ludoteca, la Panarello sarebbe rientrata in casa, circostanza mai smentita dall’imputata la quale ha affermato di aver sistemato i giocattoli dei bambini e steso la biancheria; secondo l’accusa invece in quel lasso di tempo (34 minuti, tra le 8.49 e le 9.23) avrebbe strangolato il figlio maggiore con una fascetta stringicavo, avrebbe trasportato il corpo in garage scendendo tre piani di scale (non c’è ascensore nella palazzina) e lo avrebbe caricato nel bagagliaio dell’auto per poi gettare il corpo nel canalone del Mulino vecchio dove è stato ritrovato. Dopodiché si sarebbe recata ad un corso di cucina a Donnafugata per costruirsi un alibi.
Questa tesi si basa interamente sulle immagini di una telecamera di sorveglianza, da dove è visibile in lontananza l’ingresso del condominio, immagini che mostrano una sagoma indistinta davanti al portone.
Il marito della Panarello, David Stival, inizialmente non è sicuro che l’ombra appartenga proprio a Loris: “quella sagoma potrebbe essere di mio figlio” si legge in uno dei verbali d’interrogatorio, però finisce col convincersi e diventa uno dei testimoni principali dell’accusa. Probabilmente, ciò che lo induce a ritenere valida l’ipotesi della Procura è la certezza di riconoscere nelle tre sagome che escono di casa alle 8.15 la propria moglie e i due figli, così in una seconda deposizione dichiara: “nell’immagine che mi ponete, che riporta le sagome compatibili alla mia famiglia, riconosco mia moglie e i miei due figli. La sagoma che ritorna verso l’ingresso dello stabile è compatibile con quella di Loris”.
Ma ora una perizia, richiesta dall’avvocato della difesa, Francesco Villardita, ha dimostrato che la sagoma che si vede in quel video, per misura e cromaticità, non è affatto compatibile con quella del piccolo Loris.
E questo parere non è stato dato da un esperto qualsiasi, ma dal professor Nello Balossino, docente e “mago” dell’elaborazione di immagini alla facoltà di Scienze dell’Università di Torino, uno dei superperiti nominati dal Gup di Vigevano per sciogliere due importanti nodi relativi all’omicidio di Garlasco.
Stranamente, nessun giornale ha riportato la notizia, benché l’avvocato Villardita abbia riferito questo fondamentale elemento in diverse interviste.
Ma c’è di più. La perizia del prof. Balossino è stata presentata al Tribunale del Riesame di Catania ma i magistrati hanno tuttavia deciso di non tenerne conto e di confermare il fermo in carcere di Veronica Panarello, negandole gli arresti domiciliari.
La presunzione d’innocenza è un principio giuridico sancito dalla nostra Costituzione secondo cui l’onere della prova spetterebbe all’accusa, ma da tempo ormai si va sempre più consolidando una prassi processuale in cui è l’imputato a dover smontare impianti accusatori basati su semplici indizi per dimostrare la propria innocenza.