MAGDEBURG — Come essere una presenza cristiana, anche a livello di pratica religiosa, in un situazione in cui solamente il 15% (3% di cattolici, il resto luterani) degli abitanti sono cristiani? Questa è la domanda che ci si è posta a Magdeburg, in una giornata di approfondimento dedicata ai rituali religiosi per non cristiani, organizzata dalla Chiesa evangelica della diocesi di Magdeburg (Sassonia-Anhalt).
Per comprendere il contesto delle riflessioni fatte nel simposio devo aggiungere che anche a 25 anni della caduta del muro di Berlino, nei nuovi Länder — quelli che facevano parte della ex Ddr — nell’ottava classe (i ragazzi hanno circa 14 anni) viene festeggiata una festa, nata già nel XIX secolo ma molto coltivata della Germania socialista, che porta il nome di “Jugendweihe” (consacrazione della gioventù). Ecco alcuni dati importanti che ho preso dal lavoro della giovane teologa luterana Emilia Handke, Religiöse Jugendfeiern zwischen Jugendweihe und Konfirmation (“Feste religiose tra Jugendweihe e Konfirmation” (il sacramento della cresima nella Chiesa evangelica viene chiamato “confermazione”). La Jugendweihe viene celebrata da circa il 35% dei giovani; la Konfirmation dal 14% e la cresima dal 3%.
Emilia Handke ha introdotto al tema dicendo che la prima notevole alternativa alla Jugendweihe è sorta nel 1998 a Erfurt, nella Chiesa cattolica, da un’iniziativa dell’allora parroco del duomo e oggi attuale vescovo ausiliare della città, Reinhard Hauke. La Chiesa cattolica, ancor più della Chiesa evangelica, proprio in forza della sua presenza minima nei nuovi Länder aveva il problema di affrontare un pubblico interessato alla vita religiosa, ma che non era disponibile e anzi guardava con sospetto ogni tentativo di integrazione forzata in una chiesa (ciò che papa Francesco chiama proselitismo). Nel giro di pochi anni la richiesta di riti religiosi ma non ecclesiali è diventata così grande che la Chiesa cattolica si è rivolta a quella luterana per affrontare questo tipo di bisogno. Intendo con rito o pratica religiosa, ma non ecclesiale, un’offerta di segni religiosi, come la “benedizione”, senza richiedere che chi la riceva debba essere battezzato. Questo accade per esempio nella festa alternativa alla Jugendweihe di cui stiamo parlando, che i cattolici hanno offerto a partire dal 1998 con il nome di Lebenswedefeier (si festeggia il passaggio dall’essere bambini all’essere ragazzi adulti), e a cui ora partecipano circa 500 giovani non battezzati ogni anno. In essa con musica, gesti simbolici (per esempio i ragazzi che mettono in una cesta alcune cose con cui hanno giocato da bambini), un discorso con elementi cristiani, benedizione finale, viene per l’appunto festeggiato il passaggio dall’infanzia alla gioventù.
La prima reazione della Chiesa evangelica a questa richiesta d’aiuto da parte cattolica è stata alquanto fredda, perché molti nella Chiesa evangelica avevano paura che questo tipo di feste togliesse vitalità e ragazzi al lavoro di preparazione alla Konfirmation.
I cattolici essendo una presenza del tutto minima nel nostro territorio invece non hanno mai sentito l’offerta di questa festa “religiosa” ma non “ecclesiale” come alternativa alla cresima. Emilia Handke ha fatto vedere, nella sua relazione a Magdeburg, che questa paura si è rivelata negli anni inconsistente. Il 90% di ragazzi battezzati riceve anche la Konfirmation e la cifra è rimasta stabile negli ultimi anni in cui sono sorte questo tipo di feste religiose per non battezzati. Il motivo principale per cui i ragazzi si fanno “confermare” è l’appartenenza familiare. Il motivo personale, quello di confermare personalmente la scelta fatta dai genitori con il loro battesimo, è raro. Ora anche a livello di teologia universitaria vi è un consenso nel vedere in questo tipo di offerta religiosa alternativa alla Jugendweihe, che in molte parti della Chiesa evangelica viene chiamata Segensfeier (festa della benedizione), non una concorrenza con la Konfirmation, ma un modo necessario per rispondere ad un bisogno profondo dell’uomo, quello appunto religioso di una bene-dizione.
Il parroco della Chiesa evangelica di Halle, che ha come compito primario quello di seguire questo di tipo di feste — che però in Halle ha ancora il nome originario di Erfurt Lebenswendefeier, perché quello della Segensfeier è troppo religioso e suona come un forzato proselitismo — ha raccontato al simposio di Magdeburg che nella propria città, come ho accennato prima, orami 500 ragazze e ragazzi all’anno, in una popolazione con il 15% di cristiani, prende parte a questa iniziazione dei giovani all’età adulta. Dopo varie discussioni, per superare varie resistenze a questa nuova forma di evangelizzazione, anche a livello vescovile, la festa ha ormai una sua stabilità e viene proposta in modo del tutto ecumenico in collaborazione con un diacono cattolico.
Emilia Handke ha menzionato anche il tentativo che nella nostra scuola, con sempre maggior successo, viene fatto da anni sotto il nome di Juventusfest. Il modo in cui la festa viene preparata e celebrata ha tratti simili in tutti i nuovi Länder; da noi ha un carattere scolastico e non diocesano o parrocchiale, ma viene preparata insieme ad alcuni parroci cattolici ed evangelici. All’interno del simposio, che dopo le conferenze ha avuto uno sviluppo in sette workshop ho potuto anche presentare il motivo ultimo per cui nella nostra scuola ci siamo assunti l’onere di una tale festa. Quello di una presenza, che rispetta la libertà dei ragazzi e dei genitori, in momento emozionalmente importante della vita delle famiglie nella nostra regione.
Quando, alcuni anni fa, nella nostra scuola ci è stato chiesto, da alcuni genitori, di festeggiare l’evento del passaggio dall’essere bambini all’essere adulti in modo alternativo alla Jugendweihe sapevo appena cosa questa fosse. Mi sono accorto però immediatamente del valore emozionale immenso che essa aveva per le famiglie dei nuovi Länder.
Mentre approfondivo, con il mio dirigente scolastico, cosa rispondere ai genitori che ci chiedevano questa tipo di gesto religioso (siamo una scuola cristiana) e non ecclesiale, mi sono imbattuto da una parte nell’offerta di Erfurt di cui sopra e nella reazione scettica evangelico-luterana. Da subito mi è sembrato di capire la motivazione che aveva spinto l’attuale vescovo ausiliare di Erfurt ad offrire una tale possibilità: una forzata richiesta di partecipazione ai sacramenti come la cresima o la Konfirmation avrebbe potuta essere vista solo come proselitismo, nel senso di Papa Francesco. Mentre l’offerta di una pratica religiosa e non ecclesiale avrebbe permesso alla Chiesa di aprire le proprie porte (per esempio la festa di Erfurt viene festeggiata nel duomo, che si riempie di giovani e dei loro parenti, che nella loro vita non hanno quasi mai varcato la soglia di una chiesa per festeggiare un evento per loro importante) rispondendo all’esigenza di senso religioso, non morto neppure dopo 40 anni di Ddr, senza forzare un processo di appartenenza ecclesiale libera che necessita, normalmente, di un ritmo generazionale e non immediato.
Rimane ovviamente aperta la domanda se la via percorsa da un parroco luterano — che non viene però da un’esperienza maggioritaria istituzionale della Chiesa luterana, ma piuttosto da quella spiritualità più “libera” e di tipo “evangelico” presente in molto forte nell’America Latina e del Nord —, Ernst Wachter di Elbingerode, con una spiritualità conservatrice ma innovativa nei metodi, non sia un’alternativa più adeguata. Egli organizza per tutti i giovani della sua regione un’iniziativa che chiama “tee-time”, in cui prima e dopo la Konfirmationcompie con i giovani, anche e soprattutto nel tempo libero, un’educazione religiosa ed offre liberamente la possibilità di lasciarsi “confermare”. In questa parrocchia tutti i ragazzi della regione vengono invitati ad incontri di preghiera e musicali, vengono invitati a fare delle esperienze comunitarie nelle ferie (in campeggi). Insomma tutti i ragazzi vengono invitati a partecipare alle attività parrocchiali. Credo che questa via sia possibile, ma presuppone il carisma personale di questo parroco e rimane per me la domanda seria aperta se in questo modo il carisma personale stesso non sottragga a priori la possibilità di una risposta libera dei giovani. Insomma se non sia una forma raffinata di proselitismo, che a differenza della “missione” non prende sul serio la libertà dell’uomo.
Questo non significa che la Chiesa evangelica luterana nel suo insieme sia tentata dal proselitismo; piuttosto nella nostra regione è molto istituzionale e in questo senso “conservatrice”, per così dire, ma nel contesto evangelico sorgono anche personalità che insistono molto sull’incontro diretto con Cristo, che danno una sensazione di grande vitalità, ma che dipendono sempre o da persone molto giovani, che in fondo annunciano la loro giovinezza, o da personalità carismatiche come il parroco di Elbingerode. Un lavoro missionario forse dovrebbe anche non polarizzare gli estremi, carisma ed istituzione, ma mettere l’uno e l’altra al servizio dell’annuncio di Cristo risorto, mendicante del “libero assenso dell’uomo”.