Per chi non avesse capito che questo Sinodo si svolge cum Petro et sub Petro basta fare attenzione all’ultima mossa di Papa Francesco: ieri sera, prendendo la parola a sorpresa nell’aula del Sinodo, in apertura della sedicesima congregazione generale ha annunciato la creazione di un nuovo dicastero con competenza su laici, famiglia e vita. Un nuovo ministero ha detto qualcuno, che come raccomandato dal C9, il consiglio dei nove cardinali che coadiuva il pontefice nel governo della Chiesa, va verso una semplificazione della macchina curiale, nella prospettiva di riforma invocata da più parti, ma soprattutto rende più efficaci gli sforzi pastorali nel sostegno e la difesa dell’istituto familiare.
Solo poco prima, in un’intervista a TV2000, padre Antonio Spadaro aveva parlato della tendenza tutta francescana alle sorprese. “Diciamo che Francesco — aveva dichiarato il direttore di Civiltà Cattolica e padre sinodale — ha fondato il suo pontificato sul Dio delle sorprese, cioè sul fatto che Dio è imprevedibile”.
Il processo che sta per arrivare al suo climax in Vaticano non è politico ma spirituale, un processo che è guidato dallo Spirito Santo e su questo sembra che tutti i partecipanti al Sinodo, nonostante le diverse sensibilità, siano pervenuti ad una qualche certezza. Un grande esperienza di Chiesa che è alle battute finali, ma che non avrà una conclusione. Ancora una volta le parole di Spadaro sono illuminanti: “Abbiamo vissuto — ha dichiarato — un’esperienza di grande internazionalità dove la cattolicità della Chiesa si è espressa ampiamente. Abbiamo compreso come è importante per la Chiesa parlare linguaggi diversi, affrontare sfide differenti ipotizzando soluzioni differenti”.
Ciò che emerge dal lavoro dei circoli minori e dai contributi alla Relatio finale è che il metodo collegiale funziona, portando persino i più scettici, vedi la lettera firmata dai 13, a comprendere che la ricchezza della diversità offre solo prospettive più ampie. Un processo che non finirà con questo Sinodo. A sostenerlo non solo Spadaro, ma anche un cardinale come Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay, che ieri chiacchierando con i giornalisti ha fatto ben capire che nulla si può dire definitivamente chiuso, e che soprattutto il documento finale se “non conterrà tutte le risposte”, sicuramente terrà conto di “tutte le domande”.
Insomma una chiesa che non ha paura di discutere, magari di ritrovarsi schierata su posizioni diverse, ma immancabilmente legata da una sinodalità reale ed esperienziale, in se stessa già valore. Persino sul punto più controverso, quello dell’accesso al sacramento della comunione per i divorziati-risposati, nonostante le pregiudiziali barricate della vigilia si registra un confronto proficuo sul piano pastorale. Il card. Gracias è stato chiarissimo nel raffreddare qualsiasi entusiasmo su possibili novità, ma quello che sembra certo è che la riflessione andrà avanti, senza chiusure.
Padre Spadaro su questo tema ha precisato che “il Sinodo non si è concentrato su un unico punto”, ma è indubbio che la pressione esterna non ha impedito ai padri di esprimersi sulle grandi sfide della famiglia, e sulla vocazione alla missione della famiglia, in modo assolutamente libero. Sui punti problematici, e sicuramente la comunione ai divorziati-risposati non è l’unico, per il gesuita “si sono poste le basi per una riflessione più attenta e accurata”. Quello che è cambiato insomma nelle quasi tre settimane di Sinodo ordinario è lo disposizione dei pastori: “si sono resi conto che oggi bisogna affrontare le realtà del mondo con uno sguardo pastorale pieno di cura, pieno di attenzione”.
Insomma occhi aperti e una bella vivacità che non mancherà neanche domani pomeriggio, quando il testo finale redatto dalla commissione predisposta sarà messo ai voti. La linea tendenziale emersa dalle relazioni dei circoli minori, ma anche genericamente dalle riflessioni pubbliche dei padri, è l’attenzione alla singola persona, alla sua storia, al sua unicità di caso: la proposta del “foro interno”, espressione pescata dall’incredibile profondità teologica della tradizione tomista per risolvere il nodo divorziati/risposati (proposta elaborata dal circolo Germanicus dove si sono trovati a discutere teste come Schönborn, Muller, Kasper e Marx) è il segnale che basta studiare attentamente un problema per trovare un orientamento pastorale facendo ricorso alla ricchezza e alla creatività della Chiesa.
Cosa accadrà nei prossimi due giorni? E’ difficile prevederlo e questo proprio perché il Sinodo è stato un successo, nel senso che il processo di riflessione è stato reale, non “pilotato”, né già scritto. Padre Antonio Spadaro evidenzia un fatto insindacabile: “c’è una grande fiducia nel Papa”. Alla fine, con il frutto del lavoro sinodale, sarà lui a decidere cosa fare.