La notizia che la carne rossa è stata inserita nell’elenco dei prodotti cancerogeni dall’Organizzazione mondiale della sanità ha avuto un enorme riscontro mediatico. Siti web, blog, e testate giornalistiche anche di primo livello non hanno esitato a riportare una notizia che toccando un tasto delicato ha fatto immediatamente scalpore. Ma cosa dice realmente la relazione presentata dallo IARC (International Agency for Research on Cancer, l’ente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che si occupa della ricerca sul cancro) il 26 ottobre? Il team di 22 esperti provenienti da 10 diversi paesi si è occupato di revisionare la letteratura scientifica esistente a riguardo degli effetti di un regolare consumo di carni rosse sullo sviluppo di tumori (circa 800 articoli scientifici).



Il principale elemento che emerge con chiarezza da questa attenta analisi è l’importante differenza tra il consumo di carni fresche e il consumo di carni che hanno subito un processo di alterazione (tra cui hot dog, salsicce, insaccati). Per quanto riguarda il consumo di carni fresche la relazione dello IARC conclude che vi sono “limitate evidenze scientifiche di un’associazione tra il regolare consumo di carni rosse e l’insorgenza di tumore al colon retto”. Per questo motivo il consumo di carni rosse è stato classificato come “probabilmente cancerogeno”. In pratica, non vi sono ancora abbastanza prove per poter concludere che il consumo di carni rosse causa il tumore al colon retto. Non sono state identificate, d’altro canto, associazioni consistenti con l’insorgenza di altri tipi di tumore. Diverso è il discorso per quel che riguarda il consumo di carni lavorate. In questo caso le evidenze che legano una regolare assunzione di tali prodotti a un aumento del rischio di contrarre tumore al colon retto sono più consistenti.



Di conseguenza il gruppo di esperti dello IARC ha deciso di inserire il prodotto nella categoria dei “cancerogeni”. Vi sono prove sufficienti per concludere, afferma la relazione, che il consumo di carni lavorate possa essere uno dei fattori che concorre allo sviluppo del tumore al colon retto. Anche in questo caso l’evidenza scientifica è limitata a questo specifico tumore, mentre vi sono indicazioni meno certe di una possibile associazione tra il consumo di carni lavorate e l’insorgenza di tumori al pancreas e alla prostata.

Su molti altri rilevanti aspetti la relazione precisa continuamente che non vi sono ancora sufficienti prove scientifiche per trarre conclusioni certe; tra questi rientrano il metodo di preparazione e cottura della carne, il consumo di carne cruda, e quali siano gli effetti su individui che in passato hanno già avuto patologie tumorali. 



Un nodo importante della vicenda, che ha largamente contribuito alla reazione mediatica alla notizia, è il fatto che il consumo di carni rosse sia stato equiparato a prodotti notoriamente cancerogeni quali il fumo e il benzene. Tale raggruppamento, tuttavia, è solo dovuto al livello di certezza scientifica a supporto degli effetti nocivi dei prodotti, e non implica che tali effetti abbiano la stessa entità.

Per spiegare questo aspetto, gli esperti dello IARC citano una recente relazione del “Global Burden of Disease”, che si occupa di quantificare, a livello mondiale, il numero di morti attribuibili a diversi fattori di rischio. Nel 2013, se un milione di morti sono state attribuite al fumo, 600.000 al consumo elevato di alcolici, e 200.000 a fattori legati all’inquinamento, il numero di morti attribuite all’alto consumo di carni lavorate era di 34.000. Certamente la relazione del gruppo di lavoro dello IARC mette in luce importanti aspetti legati al consumo di carni rosse spesso trascurati nelle raccomandazioni nutrizionali. E’ evidente, tuttavia, che a differenza di ciò che molti titoli di giornale ci hanno fatto pensare in questi giorni, siamo ancora ben lontani dal poter dire una parola conclusiva riguardo agli effetti di una dieta ricca di carni rosse. Le stesse conclusioni della relazione dello IARC sono molto caute, e si limitano a raccomandare un moderato consumo di carni rosse evitando, se possibile, il consumo di carni lavorate.