Le recentissime decisioni del Consiglio di Stato in tema di trascrizione nei registri dello stato civile italiano di matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero hanno suscitato vivaci reazioni.

In numerosi commenti a tali sentenze è dato per presupposto che le pronunce del Consiglio di Stato abbiano riconosciuto l’illegittimità degli atti di trascrizione dei matrimoni omosessuali, con ciò sovvertendo le decisioni del Tar Lazio, che avrebbe a suo tempo espresso un giudizio diametralmente opposto.



Andando ad analizzare le sentenze in questione, si può verificare come in realtà il Tar Lazio ed il Consiglio di Stato siano concordi nell’affermare che i matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero oggi non possono essere legittimamente trascritti in Italia.

Il punto sul quale divergono le interpretazioni del Tar Lazio e del Consiglio di Stato è che il primo ha ritenuto che i prefetti non abbiano il potere di annullare le trascrizioni di tali matrimoni nei registri dello stato civile, potere che viceversa è stato ora riconosciuto ai prefetti dal Consiglio di Stato. 



All’origine del contenzioso vi era la decisione di alcuni sindaci di procedere alla trascrizione di matrimoni omosessuali celebrati all’estero, cui aveva fatto seguito una circolare del ministro Alfano che, in considerazione dell’affermata inidoneità di tali atti di matrimonio a produrre qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano, aveva indicato ai prefetti la necessità di procedere all’annullamento degli atti con i quali si era provveduto alla trascrizione dei matrimoni stessi.

I giudizi ora conclusi con le decisioni del Consiglio di Stato avevano appunto ad oggetto l’impugnazione degli atti prefettizi di annullamento delle trascrizioni di matrimoni omosessuali contratti all’estero.  



Nell’ambito di tali giudizi il Tar Lazio aveva affermato che, ai sensi del codice civile, la diversità di sesso dei nubendi costituisce un requisito sostanziale necessario affinché il matrimonio produca effetti giuridici nell’ordinamento interno. Lo stesso Tribunale aveva altresì rilevato come la normativa nazionale che non consente la celebrazione del matrimonio tra persone dello stesso sesso e la sua trascrizione nei registri dello stato civile debba considerarsi costituzionalmente legittima.

In proposito il Tar Lazio aveva richiamato un precedente della Corte costituzionale nel quale era stato precisato che la nozione di matrimonio tutelata dall’articolo 29 della Costituzione italiana “è quella stessa definita dal codice civile del 1942 che stabiliva e tuttora stabilisce che i coniugi dovessero essere persone di sesso diverso”.

Ancora, il Tar si era espresso nel senso della piena compatibilità della disciplina italiana oggi vigente con la normativa europea, atteso che quest’ultima rimette ai legislatori nazionali di ciascuno Stato aderente “la decisione di permettere o meno il matrimonio omosessuale e la conseguente decisione in merito alla trascrivibilità o meno dello stesso”.

Sulla scorta di questi principi, il Tar Lazio aveva concluso nel senso che le coppie omosessuali non vantano in Italia né un diritto a contrarre matrimonio, né la pretesa alla trascrizione di unioni celebrate all’estero.

Tuttavia, secondo il Tar Lazio, il prefetto non avrebbe avuto il potere di annullare gli atti di trascrizione nel registro dello stato civile italiano di matrimoni tra persone dello stesso sesso contratti all’estero, giacché tale potere sarebbe riservato al giudice civile.

Su questo punto è ora intervenuto, riformando le decisioni del Tar Lazio, il Consiglio di Stato, il quale ha sancito che tale potere di annullamento rientra nelle funzioni di direzione, sostituzione e vigilanza attribuite al prefetto in materia di tenuta dei registri dello stato civile.

Ad avviso del Consiglio di Stato solo l’intervento dei prefetti, volto a rimuovere le trascrizioni dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero, sarebbe in grado di garantire un’uniformità di trattamento per i cittadini su tutto il territorio nazionale, uniformità che non potrebbe essere garantita dal giudice civile “per il carattere diffuso e indipendente della sua attività”.

Le argomentazioni con le quali il Consiglio di Stato è giunto ad affermare l’impossibilità di procedere legittimamente a tali trascrizioni sono sostanzialmente sovrapponibili a quelle, sopra richiamate, contenute nelle decisioni del Tar Lazio.

In particolare, dopo aver rimarcato che nel nostro ordinamento la diversità di sesso dei nubendi si configura quale “connotazione ontologica essenziale dell’atto di matrimonio” e che pertanto un matrimonio contratto all’estero da persone dello stesso sesso non è idoneo a produrre effetti giuridici in Italia, il Consiglio di Stato ha affermato che il quadro normativo italiano è conforme alla Costituzione ed alla normativa europea.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, il Consiglio di Stato ha precisato che, se è vero che una sentenza della Corte di Strasburgo successiva alle pronunce del Tar Lazio ha affermato che gli Stati contraenti hanno l’obbligo di apprestare una tutela giuridica per le unioni omosessuali, tuttavia la stessa decisione ha ribadito che la scelta di introdurre una normativa che preveda il matrimonio tra persone dello stesso sesso rientra nel perimetro di discrezionalità dei legislatori nazionali.

Proprio il ricorso alla Corte di Strasburgo potrebbe essere l’ultima carta da giocare per le coppie omosessuali che si sono viste annullare (legittimamente, secondo quanto statuito dal Consiglio di Stato) la trascrizione del matrimonio contratto all’estero.