La prima gravidanza è sempre la più bella, perché ricca di mistero, di fascino, di attesa per qualcosa di sconosciuto. Così è stato per Romana Lindfield, una giovane donna inglese. La sua storia è stata raccolntata dal quotidiano inglese Mirror e risale al 2006. Tutto sembrava andare per il meglio, ma alla 24esima settimana di gravidanza, inaspettatamente, le si sono rotte le acque: stava per partorire. Nasce Jack, un bambino minuscolo che pesa pochissimo, le sue condizioni appaiono subito preoccupanti, i medici dicono alla madre che il neonato ha solo il 20% di possibilità di sopravvivere, ma l’ospedale si impegna a fondo per far sì che venga sostenuto. Attaccato a un respiratore, necessita di venti trasfusioni di sangue e otto di piastrine. Nei giorni che si succedono, si scopre che non lo si può operare a cuore aperto perché troppo fragile, ma il bimbo sopravvive a problemi ai reni, una operazione per correggere l’intestino perforato, lo stomaco viene ricucito e finalmente lo si può operare al cuore. Come dice la mamma, quel bambino aveva una forza e una volontà straordinarie nel voler vivere. Lo chiama “il piccolo combattente”. Lei non lo lascia solo un minuto, cambiandolo, accudendolo, amandolo. Tutti i giorni, le dice, le leggeva un libro: lui riconosceva la mia voce, dice. Purtroppo tornano i problemi di insufficienza renale. Due mesi e quattro giorni dopo la nascita, i medici dicono a Romana che non c’è più niente da fare: viene tolto dall’incubatore e lo mettono nelle sue braccia: “In quei due mesi mio figlio mi ha insegnato di più che cosa sia la vita di quanto potrei imparare in una vita intera”. In seguito Romana avrà altri due figli, sani. Ma, dice, fa di tutto perché conoscano la storia di Jack, il figlio che non ce l’ha fatta.