Un bar di fighetti vicino alla Rai. Tre orecchini al lobo, sciarpone, anelli come amuleti, tatuaggi eleganti che sbucano dai colletti bianchi. L’abito non fa il monaco, ma descrive le appartenenze, le dichiara, le espone qualche volta con sfacciata invadenza. Vuoi dirmi come la pensi con i tuoi vestiti? Come vuoi, liberissimo, lo fanno pure i naziskin, ma se sembri uscito da un centro sociale che ci fai nella tv di stato, saboti o ti adegui? Mistero. Il problema è che spesso le apparenze coprono la sostanza, e prima o poi i pensieri saltano fuori. Si parla del più e del meno, dell’allarme bomba alla metro di Roma, ci si allarga alla psicosi che sicuramente si accresce, il barista – un ragazzo giovane e schietto – sospira e ammette di aver paura. La reazione tra il sarcastico e lo sdegnato prorompe, ed era immaginabile, anche se ci si augura, a volte, di avere solo dei pregiudizi che non siano confermati dalla realtà.



Due giornalisti molto sicuri di sé e molto arroganti ammiccano e poi spiegano il vero al popolo bue di avventori che ascolta con un orecchio alle news sullo schermo e si strozza col caffè. E’ così evidente, mica crediamo che le bombe e quelle brutte cose le facciano i terroristi arabi. Che ne avrebbero tutto il diritto, con tutto quel che abbiamo fatto a loro, Palestina, Iraq, Libia. E la guerra si sa, è sempre brutta, non ci sono buoni e cattivi. I fascisti, veri o presunti però, lo erano, e tutti erano fascisti, ed erano da cacciare nelle fogne. Questi invece li salviamo rispolverando il bignami di Rousseau che ci torna a mente dal liceo, dove invece di studiare si facevano assemblee e si stabiliva di cambiare il mondo.



Se proprio dobbiamo dirla tutta, i cattivi siamo noi, l’Occidente, e qui ti immagini il Moloch che tutto controlla e divora, e smarrito ti guardi intorno: quella signora cicciottella che si appresta sulla tartina, quel ragazzo con la Coca Cola che ignaro sostiene l’imperialismo americano, tutti colpevoli? Come gli assassini del Bataclan, o più di loro, certo costretti al degrado delle banlieues, e feriti dalla segregazione, giustamente desiderosi di vendetta. Non aggiungo una parola, comincio a irritarmi, e provare a ragionare, sapendo che è inutile, ma come testimonianza civile, per non vergognarmi, stasera, quando ancora una volta penserò a tutti quei morti.



Allora esplicitano le supposizioni, viene fuori il teorema: siamo noi che creiamo allarme, apposta per poter governare con la paura e magari fare con un colpo di mano leggi speciali, proditoriamente. Siamo noi che abbiamo armato la mano dei terroristi, non solo metaforicamente, proprio come mandanti di killer selezionati, guidati e spinti a colpire dove più fa gioco. 

Noi chi, ci si guada sgomenti. Beh, noi, l’Occidente, gli americani, Hollande, i servizi segreti, Israele. Sono giornalisti, signori. Pagati dai contribuenti, oltretutto. E non sono colti dal panico per proferire simili bestialità: la chiusa è la memoria di Bush, che come tutti ben sanno si è buttato giù le Torri gemelle da solo, per avere la scusa di attaccare in Medio Oriente. E’ un pensiero costruito, insomma.

Pensi che allora è proprio vero, sono tra noi. Certo i fondamentalisti, ahimè, ma anche questi fondamentalisti, non solo stupidi, ma anche pericolosi, perché è a questa insipienza menzognera che dobbiamo la nostra fragilità culturale, la nostra arrendevolezza, la nostra fiacca capacità di resistere, e affermare con passione un’identità. Sono parole che a loro fanno ribrezzo, ti schierano immediatamente con i nemici. Pensi che sei circondato, che questi fanno film, scrivono libri, fanno le leggi, insegnano nelle nostre scuole! E quando li senti chiosare, sbattendo il bicchiere sul banco con quell’insopportabile senso di superiorità intellettuale e morale che li fa sentire sempre dalla parte giusta, “lo dice anche il papa!”, ti chiedi dove abbiamo sbagliato.

Tutti, genitori, professori, politici, preti, a lasciare che un’ignoranza così pervasiva e colpevole non abbia trovato ostacoli e risposte di testa, cuore mani e piedi. Con un rigurgito di dignità alzi la voce, per esprimere il tuo disaccordo per questa dietrologia assurda. Lasci il caffè, con la mancia, ti è passata la voglia, ed esci. Scuotono la testa, sghignazzando. Alla prossima bomba, metteranno sul profilo i colori della nuova nazione colpita, avranno l’occasione di scendere in piazza, tanto per, come ai bei vecchi tempi, con la scritta “je suis”. Il problema è che non sanno più chi.

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