Sembra non avere fine l’incubo terrorismo a Parigi. La polizia francese sarebbe infatti alla ricerca di due uomini legati al Daesh, di cui almeno uno in possesso di una bomba. A rendere pubblica questa pista è il sito internet di Le Soir, che sul proprio portale spiega come l’ordigno sarebbe dello stesso tipo esploso durante i tragici avvenimenti dello scorso 13 novembre. Molti media francesi stanno riportando in questi minuti la notizia rilanciata da Le Soir, ma non escludono che uno dei due uomini possa in realtà essere Abdeslam Salah, segnalato fino a qualche ora fa a Bruxelles, in Belgio. Regna la confusione dunque, e uno degli obiettivi delle milizie dell’Isis, diffondere nell’Occidente un clima di terrore, è stato già raggiunto.



Allarme terrorismo, Bruxelles vive nella paura: strade sgombre, esercizi commerciali e cinema chiusi, soldati per le strade, partite rinviate. E’ stato portato a livello 4, il massimo, il grado di allerta nella capitale del Belgio, dove si temono attacchi terroristici come è stato per Parigi: Gli investigatori sono attualmente alla ricerca di due uomini che starebbero trasportando una bomba molto simile a quelle fatte esplodere dai kamikaze a Parigi lo scorso venerdì 13. Uno dei due uomini potrebbe essere proprio Salah Abdeslam, l’ottavo uomo del commando che ha fatto i massacri di Parigi, attualmente ricercato dalle polizie di tutta Europa. Salah potrebbe essere proprio in Belgio, A Bruxelles. L’emittente Abc, riportata dall’Ansa, ha citato amici di Salah che sarebbero stati contattati da lui via Skype. Il terrorista sarebbe da martedì nella zona di Bruxelles e avrebbe contattato i suoi conoscenti raccontando loro di voler tornare in Siria senza sapere come fare, dato che la caccia all’uomo è in atto da giorni e lui si sente accerchiato dalla polizia. Non solo: avrebbe rivelato anche che i jihadisti dell’Isis “lo stanno sorvegliando”.  Salah avrebbe anche rivelato il suo dispiacere per non essersi fatto saltare in aria dopo gli attacchi di Parigi.



Ahmed Mohamed Scek Nur è rappresentante islamico della comunità somala di Padova. Ieri in tv, a  “Prima Serata”, in un dibattito avente a tema l’islam politico e gli attentati di Parigi, ha dichiarato che se Salvini diventasse capo del governo, avremmo lo stato islamico in Italia. Scek Nur non ha fatto in tempo a chiarire il suo pensiero perché la trasmissione, dopo la rissa verbale scatenata dalle parole dell’imam, si è conclusa, ma le reazioni non si sono fatte attendere. “È inaccettabile – ha detto il capogruppo della Lega Nord alla Camera, Massimiliano Fedriga – minacciare l’arrivo dell’Isis nel caso in cui Matteo Salvini dovesse diventare presidente del Consiglio. Ahmed Mohamed Scek Nur, rappresentante islamico della comunità somala di Padova, deve essere immediatamente espulso dal territorio italiano”. Le parole dell’imam che chiamano in causa Salvini fanno eco a ciò che ha detto il leader della Lega Nord ieri a Bologna, intervenedo a proposito della manifestazione organizzata per oggi dalle comunità islamiche italiane, Not in My Name. “Sono stufo – aveva detto ieri Matteo Salvini – di fiaccolate e minuti di silenzio fiocchi neri, profili su facebook. Bisogna fare, non fiaccolare. La comunità islamica faccia un bel repulisti al suo interno”. E ancora: “Non è lavandosi la coscienza con mezz’ora di piazza che si risolve qualcosa”, ha detto il segretario della Lega, al quale era stato rivolto l’invito, da parte delle comunità islamiche, a partecipare alla manifestazione Not in My Name di oggi.



Da Roma a Milano, è in corso di svolgimento la manifestazione nazionale delle comunità islamiche Not in My Name, non nel mio nome: un rifiuto netto del binomio islam e violenza, in risposta ai sanguinosi attacchi di Parigi rivendicati dallo stato islamico. I musulmani italiani sono scesi in piazza, in varie città, per ribadire il loro netto No a chi uccide in nome di Dio e della fede. La religione non è violenza, la condanna del terrorismo è netta. Not in My Name sta registrando la partecipazione di centinaia di manifestanti a Roma, in Piazza Santi Apostoli, e a Milano, in Piazza San Babila. “Il terrorismo non può continuare a colpire ovunque in nome dei musulmani. Da Roma vogliamo che tutto il mondo ci ascolti”, ha detto il segretario del Centro islamico della Grande Moschea di Roma, Abdellah Redouane. Mentre a Milano è stato il Caim (Coordinamento associazioni islamiche di Milano e Monza-Brianza)  più “altre 87 associazioni islamiche”, fanno sapere gli organizzatori, a scendere in piazza. “No al terrorismo sì alle moschee. Con il riconoscimento delle moschee ci sarebbe maggiore sicurezza per tutti. Non c’è spazio per il terrorismo e questa escalation di violenza ci preoccupa molto”, ha detto Davide Piccardo, coordinatore del Caim. No all’islamofobia, sì al dialogo, ha ribadito Piccardo.  Numerose le voci spontanee dei partecipanti, che non hanno perso l’occasione di far sentire la loro voce in risposta all’escalation di violenza che sta tenendo l’Europa con il fiato sospeso. “L’Isis è un cancro del corpo islamico. Quello che hanno fatto è un attacco contro la comunità intera”, si legge in uno dei cartelli tenuti in vista dai manifestanti. L’iniziativa, a carattere nazionale, è stata promossa dall’Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii). In piazza a Roma si è visto anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso.

Una sentenza choc scuote e fa riflettere l’Occidente in un periodo contraddistinto dalla ricerca di un dialogo con il mondo musulmano: il poeta palestinese Ashraf Fayadh è stato condannato a morte da un tribunale arabo per aver “dubitato dell’esistenza di Dio” rinunciando di fatto alla sua religione. A darne nota è Human Rights Watch, che sostiene di aver visto la documentazione della sentenza emessa dal tribunale arabo lo scorso martedì. Fayadh, era stato arrestato nel 2013 dalla polizia religiosa dopo che un suo lettore aveva ravvisato in una raccolta poetica risalente al 2008 dell’artista nato in Palestina e cresciuto in Arabia Saudita, un incitamento a rinunciare all’Islam. Dopo essere stato rilasciato dopo alcuni giorni, il 50 enne era stato nuovamente arrestato nel 2014 e condannato a 4 anni di detenzione e 800 frustate, ora questa sentenza in appello lo condanna a morte.

La decisione da parte del magistrato vaticano rispetto al Vatileaks 2 è arrivata: sarebbero 5, stando alle notizie apprese dall’Ansa, i rinvii a giudizio emessi dal tribunale della Santa Sede in osservanza dell’art. 116 bis del codice penale vaticano, che prevede “la divulgazione di notizie e documenti riservati“. Oltre a mons. Vallejo Balda, ancora detenuto nella gendarmeria vaticana, e a Francesca Immacolata Chaouqui, rilasciata dopo la scelta di collaborare alle indagine, gli altri tre rinviati a giudizio sarebbero i due giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, autori rispettivamente dei due best seller “Via Crucis” e “Avarizia”, e Nicola Maio, ex collaboratore della Commissione referente sulle strutture economiche e amministrative della Santa sede (Cosea), di cui facevano parte gli stessi mons. Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaoqui prima dell’arresto. La data prescelta per l’inizio del processo è stata individuata nel prossimo martedì 24 novembre 2015.

Continua la psicosi attentati in tutta Europa dopo i fatti di Parigi e anche a Milano scatta l’allarme bomba, per fortuna senza conseguenze. Ieri sera, attorno alle 19:50, un passante ha infatti segnalato alle forze dell’ordine la presenza di un trolley nero abbandonato in via Silvio Pellico, a pochi passi dal Duomo meneghino. Pronto l’intervento delle forze dell’ordine, che dopo aver sgomberato la zona mettendo in sicurezza passanti e commercianti dell’area interessata, hanno lasciato spazio agli artificieri, i quali con tutta la cautela del caso hanno potuto verificare che la valigia in questione era innocua, dal momento che conteneva soltanto due sacchetti di carta vuoti. Tensione alle stelle anche a Milano dunque, dove solo nella giornata di ieri si sono contati ben 5 falsi allarmi. Clicca qui per leggere la notizia approfondita dell’allarme bomba a Milano in Piazza Duomo.

Ad occupare le prime pagine dei giornali di oggi, sabato 21 novembre 2015, sono certamente gli ultimi sviluppi nella lotta al terrorismo. Il Corriere della Sera apre con la sospensione di fatto del trattato di Schengen: controlli anche sui cittadini comunitari. La Repubblica, invece, in prima pagina parla della strage in Mali e racconta la dinamica dell’assalto all’hotel Radisson da parte del commando jihadista. Anche La Stampa di Torino apre raccontando i fatti di Bamako ma lascia spazio alla manifestazione di Parigi per ricordare le vittime degli attacchi della scorsa settimana. Il Sole 24 Ore, invece, apre con la politica interna e parla del primo via libera alla manovra finanziaria ponendo l’accento sul welfare aziendale. Il Giornale, invece, accende i riflettori sul numero degli islamici che potrebbero avvicinarsi allo Stato Islamico e racconta i tragici fatti di Bamako. Il Messaggero, poi, si sofferma sul rischio attentati in Italia e spiega le misure di sicurezza che entreranno in vigore dal prossimo lunedì. Il Fatto Quotidiano, in ultimo, tenta di svincolarsi dalla cronaca internazionale soffermandosi sui rischi che correrà la città di Roma nei giorni del Giubileo.

La situazione in Belgio ed in particolar modo nella città di Bruxelles è alquanto preoccupante come del resto conferma l’alto livello di sicurezza che hanno messo in campo le forze di ordine pubblico. Infatti, il Centro Nazionale di Crisi Belga ha emanato un comunicato nel quale viene sottolineato come la ‘minaccia sia grave ed imminente, cosa che richiede specifiche misure di sicurezza e raccomandazioni dettagliate alla popolazione’. Una decisione che ha portato alla chiusure di tutte le stazioni della metropolitana come misura precauzionale mentre gli autobus circolano normalmente e non tutti i tram sono stati confermati. Insomma, si va verso una Bruxelles blindata come mai era successo dal dopo guerra ad oggi. Si attendono aggiornamenti.

La guerra al terrorismo si fa davvero molto pi pesante di quanto paventato solo qualche settimana fa: di mezzo ci sono stati gli attentati di Parigi e l’aereo russo fatto esplodere con una bomba a bordo. Per questo motivo Francia e sopratutto Russia hanno intensificato l’offensiva contro l’Isis in Siria, nella zona controllata dallo Stato Islamico. Da pochi minuti giunge notizia di un ulteriore carico di offensiva per volere di Vladimir Putin contro il Daesh sul Marc Caspio: dal Cremlino è arrivato il via libera per l’attacco di missili cruise contro la zona terrestre controllata dai terroristi fondamentalisti, con le prime notizie che parlano di già 400 miliziani uccisi e l’intensificarsi nelle prossime ore ci farà capire davvero di che portata del conflitto stiamo parlando e se qualcun altro si legherà alla coalizione.

Sembra l’ennesima bufala in questo periodo di panico e ultime notizie molto controverse l’una con l’altra e invece fonti di intelligence belga e francese riportano lo stesso avviso: il ricercato numero 1 d’Europa, l’ultimo terrorista (sembra) legato alla strage di Parigi, ovvero Salah Abdeslam, sarebbe inseguito non solo dall’Interpol e dalle forze speciali europee ma anche dall’Isis stessa, infuriata a detta delle spie per la vigliaccheria con cui Salah ha affrontato la notte del 13 novembre. Avrebbe infatti dovuto farsi esplodere anche lui al termine dell’operazione ma così non è avvenuto e ora si cerca di capirne il motivo.

La notizia con cui si è aperta la giornata di ieri – poi travolta dalle news dal Mali con l’attacco all’Hotel – ha sconvolto in tanti negli ambienti politici e non solo in Italia con l’arresto di sei presunti boss della mafia di Corleone per essere intercettati mentre affermavano di voler eliminare Angelino Alfano, ovvero il Ministro dell’Interno attuale, reo di aver inasprito quando era ancora Guardasigilli il regime del 41-bis, ovvero il carcere duro per i mafiosi. Nel corso della giornata e della serata di ieri sono giunti messaggi di solidarietà bipartisan ad Alfano che ha commentato in questo modo: «lotta ai maledetti vale più della vita».

E in tutto fanno quattro gli arresti negli ultimi due giorni a dei giovani siriani bloccati nei due aeroporti di Orio al Serio e Ciampino per documenti falsi. Erano diretti tutti a Malta e si è scoperto solo nella scorsa serata anche se sono avvenuti tutti mercoledì sera. Gli investigatori sono al lavoro per cercare che tipo di legami ci sia tra i quattro sia qui in Italia che là a Malta: inoltre nel cellulare dei due arrestati a Bergamo sono stati trovati varie foto di armi e guerra. La sentenza dopo il processo avvenuto per direttissima si avrà a fine mese, esattamente come per due siriani a Ciampino Roma dove i due giovanissimi, 19 e 18, sono stai fermati con passaporti falsi di un norvegese e un francese. Tutta l’operazione dimostra come il risultato dell’innalzamento di allerta nazionale a livello 2 inizia a dare i suoi frutti e con la contemporanea decisione dell’Ue di intensificare i controlli per persone sia fuori che dentro Schengen la situazione si delinea più chiara nei prossimi mesi. Anche se non più rosea.

Una donna e la figlia, coinvolte nel caso “bufala” di ieri a Roma – trasmesso un messaggio vocale su WhatsApp che avvisava la figlia di un pericolo attentato a Roma su fonte del ministero degli Interni che voleva rimanere segreto, ovviamente un falso allarme – si sono presentate nell’uffici della Polizia per via della trasmissione virale del loro messaggio che ha contribuito a diffondere panico ingiustificato. Lo stesso Renzi ha definito la faccenda un grave e insensato procurato allarme: agli agenti di Trastevere le due hanno dovuto spiegare le loro intenzioni.

Dopo la sentenza che ha assolto tutti gli scienziati della commissione grandi rischi giunta poco fa in serata, commenta a caldo Enzo Boschi, l’ex presidente dell’Istituto nazionale di Geologia e Vulcanologia anche lui assolto dopo il sisma de L’Aquila. «Sono contento, adesso nessuno può dire più niente su di me, ma sono anche dispiaciuto perché resta il problema fondamentale degli edifici, che dovrebbero essere costruiti per resistere alle scosse sismiche». Si chiude una faccenda certamente difficile per lui come per gli altri scienziati ma rimane il vero problema sul campo ovvero come risolvere il problema della prevenzione in un Paese come il nostro a così alto rischio sismico.