Sarà che io il Veneto l’ho scoperto tardi, sarà che tutte le cittadine hanno un che di salotto che ti avvolge, di fatto alla vigilia del debutto del mio Golosario 2016, dopo 17 anni, constato un tasso di innovazione in questa regione che ha dell’incredibile. Ed è per questo che, sfidando la comodità di essere in una grande città a sicuro effetto mediatico, ho scelto di presentare la guida alle mille e più cose buone d’Italia proprio in Veneto, a Grezzana, un paese in provincia di Verona, dove l’ennesima azienda innovativa, La Collina dei Ciliegi, ha deciso di investire. Mi piace l’idea di far coincidere il racconto dell’innovazione con l’inaugurazione della nuova barricaia di questa azienda che produce Amarone e che in questa frazione fiabesca di alta collina, sta di fatto creando un villaggio. Che nasce sul sogno della giovinezza di Massimo Gianolli, che qui ha visto coi propri occhi, col suo fratello Riccardo, cos’è stata la ripresa, lo sviluppo della sua famiglia, e quindi quel senso di restituzione, che fissa qualcosa di ancora più bello in un luogo già di per sé bello. È la collina dei ciliegi appunto. Dove guardi i monti della Lessinia all’orizzonte, le strade che si inerpicano su e giù, e da cui raggiungi la mia Badia Calavena, dove l’amico Fumino ci portava da ragazzi. E allora non sapevo che Illasi, altra patria dell’Amarone, era lì a pochi passi. No, allora ci attraevano solo gli gnocchi soavi come nuvole che faceva sua mamma Nella e che ho ritrovato solo a Sommacampagna alla trattoria Al Ponte (via Corrobiolo, 38 – tel. 0458960024).



L’amico del cuore di Fumino, che faceva il parrucchiere, Giuseppe, oggi sta sperimentando le confetture di rabarbaro. Le ho assaggiate, sono buonissime. Ma il rabarbaro è di queste parti? “No, ne avevo solo io una pianta e adesso in tanti lo vorrebbero”. Già, hanno l’innovazione nel sangue i veneti. E sarà per questo che il tasso di disoccupazione a Verona è a soli 4,9 punti, ossia di 7-8 punti al di sotto della media nazionale. Del resto Verona vuol dire la Fiera e Vinitaly, che ad Expo ha scritto un successo senza precedenti col Padiglione del Vino. Nei prossimi giorni, il 2 e 3 dicembre la fiera parlerà di innovazione con una serie di workshop sul vino interessantissimi, ossia la seconda edizione di wine2wine. Ma tornando al mio Golosario, che dire di quei tipi che hanno creato il Vinappeso, ossia i salumi affinati nell’Amarone (che assaggeremo alla Collina dei Ciliegi), oppure di Alessio Bottin, che a Golosaria a Milano ha incantato tutti, coi suoi piatti prodotti in vasocottura. Sono o non sono di Verona le due pizzerie faro dell’Italia che usano quella farina veneta, la Petra, del Molino Quaglia di Vighizzolo d’Este? Si tratta di Simone Padoan dei Tigli di San Bonificio e di Renato Bosco della pizzeria Saporè di San Martino Buon Albergo. Ma arriveranno anche i fratelli Damini di Arzignano, macelleria, boutique del gusto e ristorante fra più celebrati in Italia. Era del Veneto Giorgio Onesti, il guru che trasformò i negozi degli alimentari in boutique del gusto.



È veneta la pasticceria Perbellini di Bovolone (nome anche di un notevole ristorante a Isola Rizza, condotto da Paola) che alla Collina dei Ciliegi porterà la sua Offella d’Oro e il Millefoglie Stracchin. E che dire dell’oca e dei polli allevati a latte e miele da Michele Littamé dell’omonima azienda di Sant’Urbano o della pasticceria Lorenzetti di San Lorenzo in Lupatoto che i suoi lievitati per tutto l’anno li ha fatti arrivare anche in Calabria? E quelli della Pasticceria Veneta di Pegolotte di Cona non sono innovatori, se sono riusciti a vendere i loro dolci in farmacia, perché adatti alle intolleranze dei nostri tempi? 



È ancora veneta la più celebre pasticceria ambientata dentro a un carcere, quello di Padova dove, col marchio Giotto fa uno dei panettoni più buoni d’Italia? L’elenco potrebbe andare avanti all’infinito, fino alle paste di Rizzo di Venezia, che sono state innovative 100 anni fa e continuano ad esserlo ancora oggi, così come il Comune di Cornedo che ha lanciato la corniola con cui il birrificio Ofelia di Sovizzo fa la birra Scarlet, richiestissima. Mi commuove il fatto che tutta questa innovazione che celebreremo venerdì sia vissuta in un territorio dove credono nelle De.Co. le denominazioni comunali, portate avanti da Roberto Astuni di Bassano del Grappa, da Vladimiro Riva e da tanti altri, quasi per dire: l’innovazione ha sempre un innesto sulla tradizione, a partire da un’identità certa. Grandi Veneti!

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