Si parlerà anche di Mario Bozzoli nella nuova puntata di “Chi l’ha visto?” in onda questa sera su Rai Tre. Cos’è successo all’imprenditore scomparso? Ma soprattutto, cosa c’è dietro la morte di Giuseppe Ghirardini, uno dei suoi operai avvelenato con una capsula al cianuro? Ripercorriamo velocemente la vicenda: Mario Bozzoli è un imprenditore che possiede una fonderia (insieme al fratello) nella florida val di Trompia, in provincia di Brescia. La sua attività procede in maniera altalenante, i ricavi di molti anni si sono assottigliati per colpa della crisi economica, ma i fratelli Bozzoli tengono duro e ultimamente le commesse di lavoro aumentano, lasciando sperare a una sostanziosa ripresa. La loro fonderia è conosciuta per la serietà con cui accetta tutti i lavori, Mario è il primo ad arrivare sul luogo di lavoro e spesso l’ultimo a lasciare l’ufficio. L’8 ottobre succede però qualcosa d’inspiegabile, Mario quella sera era atteso al ristorante dalla moglie per una cena familiare, ma a quel ristorante l’imprenditore non giungerà mai. La moglie lascia passare qualche ora, e poi giustamente preoccupata chiama in fonderia, ma nessuno ha visto uscire Mario, i suoi abiti sono piegati ordinatamente nello spogliatoio, la sua macchina posteggiata nel posto a lui riservato, ma di lui nessuna traccia sul luogo di lavoro. Immediatamente partono le ricerche per merito dei carabinieri del luogo, viene setacciata a fondo la fonderia senza esito, i militari capiscono subito che è successo qualcosa di grave. La prima ipotesi è di un rapimento, nella zona in passato imperversava una banda di balordi in cerca di soldi facili, e per questo sono effettuati decine di posti di blocco, ma nessuna traccia – a quanto riportano gli organi di stampa – sembra emergere. Le indagini si trovano dinanzi al primo “muro” e sondano l’ipotesi di un eventuale allontanamento volontario cercando conferme nelle persone che potrebbero essere informate sui fatti, viene sottoposta ad un interrogatorio la moglie, vengono sentiti dagli inquirenti amici e parenti dello scomparso, viene scandagliata la vita privata dell’imprenditore, controllate le celle telefoniche, spulciati i conti bancari della famiglia alla ricerca di qualche prelievo insolito, ma anche questa pista presto si raffredda. Improvvisamente la storia si fa più ingarbugliata: scompare, infatti, uno degli operai che ha visto Bozzoli vivo per l’ultima volta. Beppe Ghirardini doveva andare dai carabinieri, non era indagato, ma doveva essere sentito dagli inquirenti come persona informata dei fatti, la mattina dell’audizione però scompare. Il caso, dopo la seconda sparizione, assurge alle cronache nazionali per la sua complessità, le ricerche sono estese, sono impiegati numerosi uomini delle forze dell’ordine, l’area viene scandagliata anche con l’ausilio di elicotteri e di unita cinofile. Si cerca una flebile traccia da seguire, qualche testimone che possa aiutare a capire cosa stia succedendo, sono perquisite decine di casolari abbandonati nell’area attorno alla zona, messi sotto torchio gli informatori e i pregiudicati del circondario. Ma le ricerche sono vane, non emerge nulla che possa fare luce sulla duplice sparizione. Cinque giorni dopo l’ennesimo colpo di scena, viene rinvenuto il corpo dell’operaio: Ghirardini è morto per avvelenamento da cianuro, non è stata una rapina e il cellulare è scomparso. Niente che possa fare pensare ad un suicidio (nessun biglietto, nessuna telefonata, nessuna richiesta d’aiuto) e nessuna traccia neppure questa volta. È proprio il cianuro con cui Ghirardini ha trovato la morte a rendere la storia ancora più fosca. Il cianuro è infatti un veleno atipico, difficilmente acquistabile soprattutto nei paesini del circondario. Tante sono le domande che si pongono i carabinieri: perché è stato usato proprio questo veleno? Chi l’ha acquistato? Perché l’operaio è stato ucciso?



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